Pubblicato il 5 Dicembre 2017

La via della Confraternita Sufi della Alawiyya, la conoscete?

di Barbara Palla

·La Confraternita della Alawiyya di Mostaganem in Algeria è una delle numerose interpretazioni mistiche dell’Islam contemporaneo, che però non ha alcun legame con la Confraternita Alawiyya siriana: entrambe si ispirano al il nome da Ali genero del Profeta e figura religiosa molto diffusa sia nell’Islam sciita che sunnita e quella algerina prende il nome dal suo fondatore Al-Alâwî. La Alawiyya algerina è nata nello scorso secolo ed è ancora molto attiva, sia a livello locale che transnazionale nel promuovere una società più tollerante, fraterna e collaborativa. L’impegno sociale e culturale è stato illustrato e spiegato dal Khaled Bentounes (attuale Maestro della Confraternita) nel contesto della conferenza internazionale organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia dal titolo “Transnational Sufism in Contemporary Societies: Reconfiguring Practices, Narratives and Boundaries”  il 9, 10 e 11 novembre 2017.

Bentounes ha spiegato che lo Shaykh Ahmed ibn Mustafa al-Alâwî fondò la Confraternita Alawiyya a Mostaganem in Algeria agli inizi del Novecento e che la sua interpretazione si radicava nel rito malikita sunnita e, in parte, negli insegnamenti di un’altra Confraternita, quella Darqawiyya nata in Marocco e diffusa in Nord Africa. Ogni nuovo adepto della Darqawiyya doveva imparare a memoria un breviario in versi scritto da Ibn Ashir, nel XVI secolo, sulla teologia, la legge religiosa e il misticismo. Al-Alâwî riprese quel breviario, ne scrisse un testo di commento nel quale fuse le tre parti insieme dandone un’unica visione incentrata sul misticismo.

In questo testo, ha continuato Bentounes, come in altri successivi, è indicata la tariqa di al-Alâwî, ovvero la sua modalità concreta verso l’esperienza religiosa. Secondo il Maestro al-Alâwî, la shari’a, la legge religiosa non deve solo essere seguita per quello che prescrive, ma deve essere compresa nel suo senso profondo. Delle ritualità indicate dalla shari’a non bisogna seguire solo il gesto fisico ma comprendere il motivo profondo, nascosto, che sta dietro al gesto eseguito. Bentounes ha portato l’esempio delle abluzioni rituali che devono essere compiute prima della preghiera. Nella shari’a è indicato che il credente si deve lavare la bocca, le mani, i piedi, e altri parti del corpo per almeno tre volte prima di procedere. La ripetizione dell’atto non serve solo a purificarsi, sufficiente un’unica volta, ma a prendere coscienza del proprio stato d’animo, della propria spiritualità.

Nonostante l’acqua sia l’elemento fondamentale dell’abluzione, in sua assenza è possibile svolgere l’abluzione secca, per mezzo della sabbia o delle pietre, a dimostrazione del fatto, secondo questa via sufi dell’Alawiyya che la centralità sta proprio nel prendere coscienza dell’atto, dell’aspetto spirituale. Lo stesso può essere detto per altri rituali, come per esempio il Pellegrinaggio per il quale non è tanto importante il compimento del viaggio fisico fino a La Mecca, quanto  invece il compimento spirituale. L’esecuzione è infatti il mezzo fisico che permette allo spirito di elevarsi.

In questo modo, sempre secondo la Alawiyya, si intraprende il vero percorso verso la sorgente della religione. Un percorso che non presuppone il ritiro dagli affari del mondo, dalla dimensione sociale della città. Lo stesso Shaykh al-Alâwî fondò due riviste, una nell’ambito religioso e una di informazione diffusa in tutta l’Algeria. Compì inoltre numerosi viaggi in Nord Africa nell’intento di creare nuovi centri di insegnamento, un impegno basato nell’idea di invitare ognuno a trovare il proprio posto nella società in modo da poter collaborare per un benessere generale. Così come gli arti e gli organi del corpo collaborano, allo stesso l’uomo deve lavorare insieme agli alti per raggiungere e mantenere un benessere generale.

In questa metafora si nota che non vi sono distinzioni, la donna come l’uomo deve partecipare allo stesso modo. La donna nell’interpretazione Alawiyya non assume una posizione di subalternità. Lo Shaykh al-Alâwî insistette all’epoca per favorire l’educazione femminile e Bentounes ha promosso in una delle sedi europee delle fondazioni collegate alla Confraternita una mostra, dal titolo Veiling Unveiling, come indagine sulla trasversalità del velo nelle epoche e nelle comunità del Mediterraneo.

Le fondazioni e le attività che fanno capo alla Confraternita sono impegnate nella protezione delle eredità del Sufismo e delle differenti Confraternite, oltre a continuare e diffondere gli insegnamenti della propria. Un impegno che, conclude Bentounes, è finalizzato a promuovere un Islam privo di “false verità”, che alzi il velo, non quello portato sul capo, ma quello che offusca la visione più ampia della comunità.

Barbara Palla

La Confraternita della Alawiyya ha ottenuto un riconoscimento ufficiale dall’ONU, partecipa con un status speciale all’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale), con il quale sta cercando di far riconoscere la Giornata Mondiale del Vivere Insieme, maggiori informazioni  qui.

Per approfondire le attività della Confraternita è possibile visitare questo sito.

In fotografia un pavone realizzato con l’arte della calligrafia, molto praticata per illustrare  le parole.

Condividi l'articolo sui tuoi Social!

SOSTIENI




Ultimi articoli