Pubblicato il 22 Dicembre 2017

Monir Shahroudy Farmanfarmaian, una figlia dell’Iran

di Melissa Pignatelli

Il 16 dicembre 2017 è stato inaugurato a Teheran, in Iran, il Monir Museum primo museo dedicato ad una donna artista: Monir Shahroudy Farmanfarmaian. L’artista ha donato 51 delle sue opere all’Università di Teheran, nella cui Facoltà di Giurisprudenza insegnava il suo secondo marito Abolbashar Farmanfarmaian.

Monir ha studiato alla Facoltà di Belle Arte dell’Università di Teheran prima di diventare la prima donna iraniana a studiare negli Stati Uniti dopo la fine della Seconda guerra mondiale. A New York si inserì nel mondo dell’arte contemporanea conoscendo artisti come Jackson Pollock e Andy Warhol, il cui stile nuovo e particolare le fu di ispirazione. La Rivoluzione del 1979 la ha obbligata a rimanere negli Stati Uniti in esilio, ma nel 2004 è potuta tornare. La collezione oggi esposta nella galleria comprende i lavori che la hanno maggiormente contraddistinta.

L’artista ha raccontato di essere stata folgorata da una visita al santuario di Shah Ceragh a Shiraz, caratterizzato da una straordinaria volta e altre volute interamente ricoperte di mosaici a specchio. Da questo tipo di antica decorazione chiamata aineh-kari – una tecnica risalente al XVI secolo quando era uso importare il vetro dall’Europa il quale spesso arrivava frantumato –   nacque l’ispirazione per le sue opere, che si compongono spesso di tesserine di specchi composte a mosaico e lavori astratti su vetro. La collezione di opere comprende anche panelli a parete e installazioni oltre a disegni, tappeti e gioielli originali, è infatti la più grande esposizione permanente dei suoi lavori.

La collezione è ospitata in una Galleria all’interno del Museo di Negarestan dell’Università di Teheran, all’interno del quale ha sede anche il Museo dell’Arte Iraniana. L’edificio è un esempio di architettura tradizionale, che fu costruito per essere la residenza estiva dello Scià Fathali, primo re della dinastia dei Qadjar. Il Museo e i giardini sono stati recentemente restaurati dal famoso architetto Reja Najafian.

La famiglia dei Farmanfarmaian, della quale Monir fa parte per matrimonio,  è una delle più antiche famiglie persiane, i cui membri sono stati nominati principi sin dall’inizio della dinastia Qadjar (la dinastia fondata da Fathali nel 1797 che regnò in Persia fino al 1925 quando lo Shah Ahmad  fu rovesciato da colpo di Stato guidato da Reza Khan che divenne poi Reza Shah Pahlavi). Una parte della vita della famiglia Farmanfarmaian è raccontata ne libro Daughter of Persia scritto da Sattareh, figlia dello Shazdeh Abdol-Hussein Farmanfarmaian, comandante dell’esercito dello Shah. Sattareh fu la quindicesima dei trentasei figli di Abdol-Hossein, la terza figlia di sua Madre Massoumeh che a sua volta era la terza delle otto mogli. Nata e vissuta in quello che era l’harem (l’area riservata alle donne ed ai bambini nelle residenze ufficiali), Sattareh crebbe fino al punto di rivendicare un’autonomia mai riconosciuta alle donne di quel tempo. Sattareh, come Monir dopo di lei, riuscì a negoziare con suo padre di andare a studiare all’estero, e fu la prima donna iraniana a frequentare e laurearsi in un’università americana.

La possibilità concessa per la realizzazione di questo museo dedicato ad una donna, sposata con una delle più nobili ed anticamente potenti famiglie della Persia, sembrerebbe confermare un’apertura della vita pubblica della Repubblica Islamica dell’Iran ad esponenti di spicco del mondo dell’arte che hanno già ricevuto riconoscimenti del merito in altri paesi, come ad esempio Bizhan Bassiri, Parviz Tanavoli, Shirin Neshat.

Il Padiglione Iran dell’appena conclusa Biennale di Venezia ha infatti ospitato il lavoro di Bizhan Bassiri.

Melissa Pignatelli

Per approfondire le vicende e le storie della famiglia Farmanfarmaian fare riferimento ai testi in inglese qui sotto:

Princess Sattareh Farmanfarmaian, Daughter of Persia, Crown Publishers, New York, 1992.

Prince Manucher Farmanfarmaian, Blood and Oil: Memoirs of a Persian Prince, Random House, New York, 1997.

Prince Azod-ed-Dowleh, Taarikh-e Azodi, Nashr-e Elm, Tehran, 1376.

 

Di 22 Dicembre 2017Arte, Cultura

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