Pubblicato il 26 Gennaio 2018

Gli italiani in Tunisia: storia e racconti

di Barbara Palla

Solo sette anni fa, nel mese di gennaio 2011, in Tunisia, le proteste contro l’aumento delle tasse, l’elevata disoccupazione giovanile e la politica di austerità, scatenarono una Rivoluzione, detta “dei Gelsomini”, che portò alla fine del regime autoritario imposto da Zine al-Abidine Ben Alì nei ventitré anni precedenti. Nel mese di gennaio 2018, proteste dello stesso tipo sono scoppiate in alcune città periferiche nonostante negli ultimi anni siano stati fatti enormi progressi per la democratizzazione del paese. L’insufficiente attenzione posta sulle questioni sociali e economiche della Rivoluzione preoccupa i paesi europei, in particolare l’Italia. Tra i due paesi non esiste solo un rapporto economico (l’Italia è il secondo partner commerciale dopo la Francia) ma anche una lunga storia di scambi e dialogo culturali.

Già a partire dall’Ottocento, in virtù della somiglianza climatica e della relativa vicinanza geografica, numerosi italiani, soprattutto siciliani, emigrarono verso la Tunisia considerata come “un’America più vicina”. Il flusso verso la Tunisia rimase molto importante fino al 1881, quando la Francia creò il Protettorato di Tunisia e si stabilì come potenza coloniale. A causa della presenza francese, le migrazioni italiane diminuirono. Gli italiani però, a differenza dei francesi, non costituirono l’élite coloniale, bensì la classe media dei lavoratori rurali e urbani, relativamente integrata nel tessuto sociale. Essi si distinguevano in virtù di un’identità culturale composita: erano tunisini per nascita, italiani di origine e francofoni per cultura. Un dialogo culturale che influenzò anche la loro lingua che non era un italiano vero e proprio ma un dialetto siciliano a cui si erano nel tempo aggiunti elementi provenienti dall’arabo e dal francese.

Quando nel 1956 la Francia concesse l’indipendenza alla Tunisia, gran parte degli italiani furono costretti a “tornare” in Italia. Essi non consideravano l’Italia come la loro madrepatria, nonostante l’origine non vi si erano mai recati e quindi dovettero affrontare il “rimpatrio” da stranieri.  Qualche anno più tardi, a seguito all’instaurazione del governo autoritario di Habib Bourghiba (Presidente della Tunisia dal 1956 al 1987, quando fu rovesciato da un colpo di stato portato avanti da Ben Alì), le stesse rotte impiegate dagli italiani di ritorno dalla Tunisia permisero ai tunisini di arrivare e stabilirsi in Italia.

La principale innovazione che gli italiani introdussero in Tunisia fu la stampa. Il Corriere di Tunisi fu fondato da Giulio Finzi un livornese carbonaro fuggito dopo il fallimento dei moti del 1820-1821. La famiglia Finzi fondò la prima tipografia privata del paese e nel 1869 pubblicò il primo numero del giornale in lingua italiana. Il governo coloniale francese interruppe la pubblicazione, ma nel 1956 per festeggiare l’indipendenza, gli eredi della famiglia riaprirono e ricominciarono a pubblicare il giornale. Ancora oggi il Corriere di Tunisi esce con cadenza bimestrale, da qualche anno ha anche una versione online.

Tra gli italiani di Tunisia ci furono numerosi intellettuali e scrittori le cui opere scritte originariamente in francese non furono poi mai tradotte, tra questi il testo di Cesare Luccio (di origine sarda) La Sicile à Tunis (La Sicilia a Tunisi) una raccolta di novelle dal carattere quasi etnografico sulla vita e i costumi degli italiani di Tunisia. In italiano sono invece disponibili:

  • La Riva Lontana (Sellerio Editore, 2000)La traversata del deserto (Arkadia, 2014) di Marinette Pendola. Due romanzi autobiografici che raccontano l’abbandono della Tunisia e il “ritorno” in Italia da emigrante. I due libri raccontano le due fasi del rientro: l’ultimo giorno nella propria casa, intriso di ricordi della vita delle tre generazioni precedenti vissuta Tunisia racchiusi nei bagagli; e il viaggio di “rientro” verso l’ignoto, verso un paese nuovo all’interno del quale reinserirsi.

  • Les Poèmes d’un Maudit, Le Liriche di un maledetto Mario Scalesi tradotto da Salvatore Mugno (edizioni ISSPE, 1997) è la raccolta delle poesie di un autore italiano di Tunisia rimasto sfortunatamente sconosciuto. Le sue poesie descrivono le difficoltà e le frizioni di un’identità al confine di più culture. Una lirica drammatica, sviluppata a causa di una storia personale molto triste, tanto da definirsi lui stesso un poeta maledetto, paragonabile  alle composizioni dei poeti decadenti del Romanticismo francese. Nonostante la sua fama non sia diffusa oltre il Mediterraneo, è ancora considerato un precursore e esempio per i poeti magrebini.

Per approfondire il contesto storico e antropologico è possibile leggere le seguenti pubblicazioni:

Per approfondire il contesto geopolitico attuale è possibile leggere il Dossier dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), qui.

Barbara Palla 

In fotografia, un ritratto di Mario Scalesi

Di 26 Gennaio 2018Cultura, Filosofia

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