Pubblicato il 2 Marzo 2018

Della natura dei diversi governi possibili, e di quello dispotico, secondo Montesquieu

di Melissa Pignatelli

Montesquieu, filosofo alla ricerca di principi e leggi universali (com’era d’uso nel Settecento) accosta la sua riflessione alle leggi che regolano le interazioni tra gli uomini e con la natura: il suo lavoro di vent’anni su testi ed osservazioni dirette si legge nel saggio Lo Spirito delle Leggi.  

Nel Libro Secondo si sofferma su quelle che derivano direttamente dalla natura del governo, identificandone tre specie come segue:

“Vi sono tre specie di governi: il Repubblicano, il Monarchico e il Dispotico. Per scoprirne la natura basta l’idea che ne hanno gli uomini meno istruiti. Io suppongo tre definizioni, o meglio tre situazioni di fatto: che il governo repubblicano è quello in cui tutto il popolo, o soltanto una parte del popolo, detiene il potere sovrano; il monarchico, quello in cui governa uno solo, ma per mezzo di leggi fisse e stabilite; mentre nel dispotico uno solo, senza legge e senza regola, trascina tutti con la sua volontà e i suoi capricci.

Ecco quello che chiamo la natura di ogni governo. Bisogna vedere quali sono le leggi che scaturiscono da questa natura, e che, in conseguenza, sono le prime leggi fondamentali”.

Nel Capitolo Quinto, Montesquieu, riferendosi sempre ad altre società per evitare la censura che impediva le critiche alla monarchia francese, descrive le leggi relative alla natura dello stato dispotico in questo modo:

“Dalla natura stessa del potere dispotico deriva che l’uomo solo che l’esercita lo faccia del pari esercitare da uno solo. Un uomo a cui i suoi cinque sensi dicono senza posa che egli è tutto, e che gli altri non sono niente, è naturalmente pigro, ignorante, voluttuoso. Abbandona quindi gli affari.

Ma se li confidassi a parecchi, sorgerebbero tra quelli dei contrasti; si brigherebbe per essere il primo fra gli schiavi; il principe sarebbe costretto a rientrare nell’amministrazione. E’ più semplice perciò che l’abbandoni a un visir, il quale avrà sin dal principio lo stesso potere di lui. L’istituzione di un visir è, in questo Stato, una legge fondamentale.

Dicesi di un papa che, alla sua elezione, compreso della propria incapacità, fece dapprima difficoltà infinite; accettò, finalmente, e rimise tutti gli affari al proprio nipote. Era meravigliatissimo, e diceva: “Non avrei mai creduto che sarebbe stato tanto facile”. Lo stesso avviene per i principi d’Oriente. Allorché dalla prigione in cui gli eunuchi hanno infiacchito loro il cuore e la mente, e spesso li hanno lasciati perfino ignorare il loro stato, vengono tratti fuori per essere messi sul trono, dapprima sono storditi; ma quando hanno nominato un visir, e nel loro serraglio si sono abbandonati alle più brutali passioni; quando in mezzo a una corte avvilita hanno appagato i loro capricci più stupidi, non avrebbero mai creduto che sarebbe stato tanto facile.

Più esteso è l’impero, più il serraglio s’ingrandisce, e più, in conseguenza, il principe s’inebria di piaceri. Così, in questi Stati, più il principe ha popoli da governare, meno pensa al governo; più gli affari sono importanti, meno vi si discute di affari”.

Ecco dunque una lettura critica della società contemporanea a Montesquieu, la cui penna sembra a tratti tinteggiare la nostra campagna elettorale.

Se, come criticava Voltaire, non è possibile l’esistenza di una monarchia fondata sull’onore o di una repubblica fondata sulla virtù, non ci resta che sperare che il despotismo non abbia campo libero.

Melissa Pignatelli

Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, Bur Classici, Edizione 2013, link a libro qui. Prima pubblicazione a Ginevra nel 1748.

Fotografia di Bernardo Ricci Armani, Lamp chain, Milano, 2017. Visita PhotographingAround.me.

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