Pubblicato il 6 Giugno 2018

Montaigne e la libertà della ragione

di Melissa Pignatelli

Michel de Montaigne, uomo politico e scrittore francese nato nel 1533 e morto nel 1592, sancisce, nella sua più importante opera, I Saggi (1580-1588), l’avvento della ragione moderna, che afferma allo stesso tempo libertà e potenza critica.

E’ un difensore dell’educazione moderna come risveglio e realizzazione del potenziale di ogni essere umano, dell’amicizia, della cultura indigena (Montaigne è uno dei primi a descrivere lo sbarco degli Spagnoli nel Nuovo Mondo come una carneficina e non come una conquista), difende la tolleranza religiosa (si rifiuta di prendere parte alle guerre di religione),  ridicolizza la ragione dogmatica e smorza verità ritenute eterne, così facendo Montaigne scopre, finalmente liberata dalla gabbia di finzioni e e speculazioni teologico-politiche, la possibilità di una ragionevole, finalmente alla portata delle persone.

In uno dei saggi più importanti della corposa e variegata opera del pensatore transalpino, Montaigne descrive l’educazione moderna come quello strumento fondamentale che rende gli Uomini liberi di pensare con la loro testa.

Ecco qualche estratto dei consigli sull’educazione dei fanciulli che Montaigne scrive per Diane de Foix, Contessa di Gurson, che sta per diventare mamma, ed alla quale lascia il testo del Saggio XXVI, che malgrado i connotati sociali del tempo rimane di brillante attualità:

“Di fatto, io, che tanta parte ho avuto nella conclusione del vostro matrimonio, ho qualche diritto e qualche interesse alla grandezza e prosperità di tutto quel che ne verrà; oltre che l’antica potestà che avete sui miei servigi mi obbliga di per sé a desiderare onore, bene e fortuna a tutto quello che vi riguarda. Ma in verità sono edotto solo di questo: che la maggiore e più grave difficoltà della scienza umana per che s’incontri proprio là dove si tratta dell’educazione e dell’istruzione dei fanciulli.

Come nell’agricoltura le operazioni che precedono il piantare sono determinate e facili, e così il piantare medesimo. Ma quando ciò che è stato piantato comincia a vivere,  per farlo crescere si ha una gran varietà di modi e molte difficoltà: così per gli uomini, ci vuole poca abilità a piantarli, ma dopo nati ci si addossa un compito diverso, pieno di affanni e di ansie, per educarli e allevarli.

Il compito del precettore che gli darete, dalla scelta del quale dipende tutto il risultato della sua educazione, ha parecchi altri aspetti importanti, ma non me ne occuperò, perché non saprei apportarvi nulla di valido; e su questo punto, sul quale mi permetto di dirgli il mio parere, mi darà ascolto in ciò che gli sembrerà ragionevole.

Per un figlio di buona famiglia che si volga alle lettere, non per guadagno (perché uno scopo tanto abietto è indegno della grazia e del favore delle Muse, e poi riguarda altri e dipende da altri), e non tanto per i vantaggi esteriori quanto per i suoi personali, e per arricchirsene e ornarsene nell’intimo, se si desidera farne un uomo avveduto piuttosto che un dotto, vorrei anche che si avesse cura di scegliergli un precettore che avesse piuttosto la testa ben fatta che ben piena, e che si richiedessero in lui ambedue le cose, ma più i costumi e l’intelligenza che la scienza.

E che nel suo ufficio egli si conducesse in una maniera nuova: non si smette di blaterarci negli orecchi, come si versa in un imbuto, e il nostro compito è soltanto ridire quello che ci è stato detto. Vorrei che egli correggesse questo punto; e che fin dal principio, secondo le possibilità dell’animo che gli è affidato, cominciasse a metterlo alla prova, facendogli gustare le cose, sceglierle e discernerle da solo. A volte aprendogli la strada, a volte lasciandogliela aprire. Non desidero che inventi e parli lui solo, desidero che ascolti il suo discepolo parlare a sua volta. […]

In quella scuola che è la società degli uomini ho spesso notato questo vizio: che invece di cercar di conoscere gli altri, ci affanniamo soltanto a far conoscere noi stessi, e siamo più solleciti di vendere la nostra merce che di acquistarne di nuova. Il silenzio e la modestia sono qualità utilissime alla vita di relazione. Si dovrà educare questo fanciullo a risparmiare e dosare la sua dottrina, quando l’avrà acquisita; a non scandalizzarsi per le sciocchezze e le folle che si diranno in sua presenza. Poiché è un’incivile indiscrezione dar contro a tutto ciò che non è di nostro gradimento. Si contenti di correggere se stesso. E non sembri rimproverare agli altri tutto ciò che egli rifiuta di fare, né contrastare le usanze comuni. Licet sapere sine pompa, sine invidia.

Fugga quegli esempi pretenziosi e incivili, e quella puerile ambizione di voler sembrare più acuto coll’essere diverso, e di farsi un nome con critiche e innovazioni. […]

Per tornare al mio discorso, non c’è che da assecondare il desiderio e l’amore, altrimenti non si fanno che asini carichi di libri. A colpi di frusta gli si dà in custodia la loro sacchetta piena di scienza, che, per far bene, bisogna non soltanto riporla in sé, bisogna sposarla.”

E’ dunque nell’assimilare concetti intelligenti, ricevuti da una mente “ben fatta” e non solo piena di nozioni, che si fanno propri quegli strumenti utili, nella vita, a ragionare in maniera moderna, a discernere ed a costruire le proprie opinioni, critiche e libere.

Melissa Pignatelli

Fonte: Estratti selezionati dal Saggio XXVI, Dell’educazione dei fanciulli, a Madame Diane de Foix, Contessa di Gurson in  Michel de Montaigne, Saggi, Bompiani, edizione 2017. 

Immagine: Bernardo Ricci Armani, Istanbul, 2013, 13 Biennale. PhotographingAround.me

Condividi l'articolo sui tuoi Social!

SOSTIENI




Ultimi articoli