Pubblicato il 23 Luglio 2018

La rotta tra la Libia e Lampedusa, tra storia e antropologia

di Barbara Palla

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La nascita della rotta migratoria del Mediterraneo Centrale, dalla Libia verso Lampedusa, è stato un processo lungo e complesso che ha risentito, e risente tuttora, dell’instabilità regionale in Nord Africa e in Africa sub-sahariana. Luca Ciabarri, antropologo italiano, affronta nel suo articolo Oltre la frontiera: ascesa e declino della rotta migratoria Libia-Lampedusa e forme di mobilità dal Corno d’Africa (2000 – 2009) (Annuario di Antropologia, Meltemi Editore, 2013),  i cambiamenti storici, politici, economici e sociali della regione libica resituendo un quadro analitico ampio e sfaccettato per problematizzare una questione spesso eccessivamente semplificata.

“Per comprendere le ragioni dell’ascesa della rotta migratoria Libia-Lampedusa i fattori da prendere in considerazione, tanto di medio periodo quanto congiunturali, riguardano le dinamiche del mercato del lavoro interno alla Libia, le sue relazioni con i Paesi sub-sahariani e con i Paesi occidentali, le variazioni dei sistemi migratori nel Mediterraneo in relazione alle politiche repressive contro le mobilità internazionali e alle azioni e contro-azioni delle rotte illegali di traffico dei migranti e le dinamiche delle crisi socio-politiche in Africa.

Tutti questi cambiamenti sono stati determinanti nel concentrare in Libia i flussi di transito. L’incipit è stato dato dallo spostamento verso la Libia delle basi di operazione di trafficanti di migranti che operavano precedentemente dalla Tunisia e lungo lo Stretto di Suez. L’operare di trafficanti, e come ciò sia stato determinante per inaugurare l’inedita via di emigrazione dalla Libia, oltre che nelle indagini e dalle testimonianze raccolte, è evidente pure nell’iniziale localizzazione delle partenze (Al Zwarha, sul confine tra Tunisia e Libia, in seguito furono aperti punti di partenza più a est), nei tipi “seriali” di scafi generalmente utilizzati, nelle strategie usate dalle spedizioni via mare, in continua risposta alle misure di controllo degli arrivi adottate.

Il “successo” di questa via deriva anche e in forma maggiore dalla sua profonda integrazione con i circuiti migratori, dal raccogliere una lunga serie di destabilizzazioni che non avevano più sfogo e vie che non potevano più essere praticate. Questa combinazione di fattori ha unificato più bacini migratori.”

La diversa composizione del flusso migratorio in partenza dalle coste libiche rispecchia infatti i differenti aspetti appena descritti: quando negli anni 2000 nacque la rotta, essa era intrapresa principalmente da persone in provenienza da Egitto e Tunisia e al contempo da persone originarie del Corno d’Africa, una regione che risentiva delle conseguenze politico-sociali dei conflitti avvenuti negli anni ’90. Successivamente, nel 2006, con la chiusura del canale spagnolo che permetteva di arrivare in Europa tramite Ceuta e Melilla, la rotta è stata impiegata principalmente da marocchini e in maniera minore da persone provenienti dall’Africa Occidentale. Il flusso in provenienza da quest’ultima regione è invece diventato sempre più importate a partire dal 2008.

Ciabarri sottolinea inoltre che l’eccessiva semplificazione di questa questione ha portato da un lato a non affrontare l’aumento della migrazione dalla Libia come un problema strutturale, ma solo con l’idea di chiudere un corridoio di transito  per l’Europa. Dall’altro, la concentrazione dei governi nel cercare una soluzione politica ha avuto importanti conseguenze sugli stessi migranti e richiedenti asilo.

“Se i trafficanti ponevano sotto ricatto le azioni di controllo dei flussi migratori, sfidando il dovere degli Stati al soccorso in mare allorquando abbondavano i migranti in mare aperto, il contro-ricatto nei loro confronti è stato il blocco totale degli arrivi. La vittima sacrificale di questo doppio ricatto è stato il diritto d’asilo.”

L’indagine di Luca Ciabarri è quindi uno studio utile da leggere per cercare comprendere le radici di una questione che non ha ancora trovato soluzione ed è ancora di pregnante attualità.

Barbara Palla

In fotografia: un fotogramma di Fuocoammare film documentario su Lampedusa realizzato da Gianfranco Rosi, 2016 © 01 Distribution

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