Pubblicato il 8 Aprile 2022

Un capolavoro d’ipocrisia, ma era la Francia di Montesquieu

di Melissa Pignatelli

Per poter raccontare l’ipocrisia delle istituzioni politiche nella Francia del Settecento e nel contempo sfuggire alla censura dell’Ancien Régime, Montesquieu è costretto a ricorrere ad espedienti letterari come la scrittura satirica.

Nel 1721, il filosofo illuminista pubblica infatti le Lettere Persiane scritto come uno scambio di corrispondenza tra due persiani in viaggio in Europa. Attraverso la finzione narrativa Montesquieu riesce ad aggirare la censura ed a criticare i comportamenti dei potenti del suo tempo. I due persiani immaginari infatti, si stupiscono assai delle abitudine nelle quali s’imbattono nei vari paesi visitati – in particolare in Francia – e si raccontano le loro perplessità per iscritto.

Questo scambio epistolare sugli usi e costumi della Parigi del Settecento finisce per dipingere una società dominata da superbia, ipocrisia e arroganza. Ne è un esempio questa lettera, la numero 74:

LETTERA LXXIV RICA a USBEK, a ***

Alcuni giorni fa, un tale di mia conoscenza mi disse: «Vi ho promesso di introdurvi nelle migliori case di Parigi: adesso vi porto da un gran signore, che è uno dei dignitari più rappresentativi del regno».

«E questo che cosa significa, signore? Forse che è più cortese e più affabile di un altro?».

«No, non è così», mi rispose.

«Ah, capisco! Egli fa sentire continuamente la sua superiorità su tutti quelli che l’avvicinano. Se così è, non vedo perché andarci: mi dichiaro vinto e gli concedo tutta la sua superiorità».

Dovetti tuttavia andarci, e vidi un ometto così tronfio, che annusò una presa di tabacco con tale alterigia, si soffiò il naso così spietatamente, sputò con tale flemma e carezzò i propri cani in maniera così offensiva per gli uomini, che non riuscivo a stancarmi di ammirarlo.

«Ah, buon Dio!» dissi tra me, «Se, quando stavo alla corte di Persia, avessi dato di me questa immagine, avrei fatto la figura di un grande stupido».

Avremmo dovuto avere davvero un pessimo carattere, Usbek, per riservare cento piccoli insulti a gente che veniva tutti i giorni da noi a testimoniarci la loro benevolenza.

Da Parigi, il 10 della luna di Safar, 1715.

 

L’ironia che confondeva la censura al tempo di Montesquieu lascia oggi una traccia chiara e distinta sull’ipocrisia che regnava in Francia; la forma elegante e sofisticata delle Lettere rimane un modello letterario ineguagliato di critica sociale.

Melissa Pignatelli

Charles-Louis de Montesquieu, Lettere persiane, Mondadori editore, link al libro qui

Immagine: Grant Wood, Daughters of Revolution, 1932, immagine nel dominio pubblico, Cincinnati Art Museum

 

 

 

 

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