Pubblicato il 30 Gennaio 2019

Il franco CFA, breve storia di una valuta complessa

di Barbara Palla

Mantenuto dopo la decolonizzazione francese con l’intenzione di favorire lo sviluppo economico dell’Africa Occidentale, il franco CFA è diventato un elemento fondamentale, anche se spesso contestato, della libera circolazione di merci, capitali, persone e servizi tra vari paesi del continente africano. Il Franco della Comunità Finanziaria d’Africa (CFA) si è evoluto nel tempo, e, perdendo le sue caratteristiche più “francesi”, è riuscito, tra alti e bassi, a promuovere l’integrazione economica di un’intera zona del continente.

Il Franco CFA, è attualmente la moneta ufficiale di 160 milioni di persone appartenenti a 15 Stati della zona subsahariana divisi in due zone economiche distinte regolate entrambe da meccanismi alquanto complessi. Da un lato si trova l’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale (UEMOA) a cui partecipano Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau (ex colonia portoghese entrata nell’Unione nel 1997), Mali, Niger, Senegal, Togo; dall’altro invece si trova la Comunità Economica e Monetaria dell’Africa Centrale (CEMAC) di cui fanno parte la Repubblica Centrafricana, la Repubblica del Congo (Brazzaville), Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad.

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Zona Franco divisa tra CEMAC e UEMOA

Il franco CFA è stato istituito ufficialmente nel 1945 dalla Francia nelle sue colonie africane, ed è stato mantenuto dopo l’ottenimento delle indipendenze degli anni ’60. L’adozione della valuta avvenne su base volontaria, gli Stati erano liberi di scegliere di coniare  autonomamente la propria moneta e infatti tra gli anni ’60 e ’80, il Mali ad esempio optò per l’indipendenza monetaria salvo poi tornare sui propri passi. Il franco CFA, laddove adottato, iniziò a circolare in un regime di tasso fisso con il franco francese e la convertibilità era garantita illimitata dal Tesoro francese (non dalla Banca di Francia) presso il quale gli stessi Stati africani versavano un deposito.

Durante gli anni ’60, l’attenzione fu portata alla creazione di istituti capaci di gestire le politiche monetarie e finanziarie. Tra il 1958 e il 1962 nacquero infatti le due zone economiche, la UMOA (Unione Monetaria dell’Africa Occidentale) e la CEMAC, la Banca Centrale Degli Stati di Africa Occidentale (BCEAO) e la Banca degli Stati d’Africa Centrale (BEAC), e furono avviati i primi interventi di gestione di finanze pubbliche con buoni risultati di crescita. Tra gli anni ’70 e ’80, l’integrazione economica fece numerosi passi avanti soprattutto in tema di “africanizzazione”: la sede della BCEAO fu spostata da Parigi a Dakar, quella della BEAC a Yaoundé in Camerun e presero posto nella dirigenza molti giovani africani.

Nonostante il buon funzionamento delle politiche economiche disegnate nell’UMOA dalla BCEAO, il Franco CFA iniziò a risentire, tra gli anni ’80 e ’90, delle crisi economiche internazionali, degli effetti sui prezzi e sulle esportazioni del cambio con il franco francese e della debolezza di alcune economie interne, viziate da insicurezze climatiche e penuria di investimenti. Così nel 1994 il franco CFA fu svalutato del 50% per permettere un risanamento delle economie e contestualmente la UMOA fu trasformata in UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale) nell’intenzione di integrare non solo le economie regionali ma anche i paesi dell’area e progredire verso una riduzione della dipendenza dagli investimenti di aiuto da parte di attori stranieri.

Con la UEMOA nacque anche un’area di libera circolazione dei capitali, dei servizi, delle persone e dei beni negli Stati membri, così da fornire alla moneta unica delle basi più solide e di conseguenza cercare di far convergere le politiche macroeconomiche e coordinare regionale delle politiche di settore; da questa è conseguita un’integrazione politica e sociale molto simile a quanto avvenuta in Europa. Tra il 1994 e il 1996, i progressi economici furono molto rapidi con un picco nel 1997. I prezzi ritornarono alla stabilità, aumentarono le riserve di moneta estera per il controllo del cambio e si procedette ad un generale risanamento dei portafogli bancari, in compenso l’incidenza dei crediti alle economie nazionali diminuirono notevolmente.

All’inizio degli anni 2000 ci fu una nuova battuta di arresto, i tassi di crescita dei paesi UEMOA si ridussero a causa delle forti crisi sociopolitiche scoppiate in Togo, Guinea-Bissau  e Costa d’Avorio. Ad incidere sulla mancata crescita arrivò la crisi economica e finanziaria del 2007-2008, che influì sulle economie attraverso il loro stretto legame con l’euro, con cui erano entrati in regime di cambio fisso nel 1999 quando la moneta unica europea sostituì in Francia il franco. Per far fronte a tutto ciò intervenne la BCEAO che però aveva uno spazio di manovra sulle inflazioni e i finanziamenti in deficit molto limitato a causa della sua dipendenza dalle decisioni della Banca Centrale Europea alla quale era ancorata attraverso l’euro (la parità con l’euro è ancora garantita, sotto determinate condizioni, dal Tesoro francese presso il quale gli Stati membri di UEMOA e CEMAC continuano a versare un deposito).

Se da un lato i problemi strutturali delle economie dell’Africa Occidentale possono essere responsabili di una mancata crescita, non bisogna dimenticare dall’altra parte che quegli stessi Stati sono inseriti in moderni flussi globali in cui agiscono nuovi attori internazionali che riproducono a livello economico-finanziario dinamiche di dipendenza simili a quelle del passato. Non a caso infatti il mantenimento, l’aggiustamento o l’abbandono del franco CFA sono oggi argomenti di grande e interessante dibattito tra teorici ed economisti africani. Un dibattito che andrebbe conosciuto e approfondito per evitare di cadere in facili polemiche.

 

Barbara Palla

Fonti per approfondire:

Kako Nubukpo, “Cinquante ans d’Union monétaire ouest africaine: qu’avons nous appris?”,  Revue d’économie financière, n°110, giugno 2013, pp. 142-162. 

Gianluigi Giorgioni, “the CFA Franc Zone: a political re-evaluation twenty years after the advent of Euro”, Journal of Contemporary African Studies, pubblicato online a giugno 2018.

Per la relazione tra franco CFA e emigrazione suggeriamo il video approfondimento di Emma Farnè per Rai News.

In fotografia un biglietto da 10.000 franchi CFA disegnata dalla BEAC nel 2002, equivalente circa a 15,24 euro.

 

 

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