Pubblicato il 19 Agosto 2019

Ibn Arabi l’esistenza come specchio del divino

di Giulia Bertotto

La proposta di oggi è quella, a prova di vertigini, di scalare le vette contemplative raggiunte da Ibn Arabi, (1165-1240) filosofo e poeta arabo, encomiato negli ambienti accademici e anche in quelli più “esoterici”.

Nacque a Murcia, in Spagna, quando il Califfato era insidiato in Europa, percorse in lungo e in largo il Medioriente, il nord Africa e poi la Siria. Conobbe Averroè, pilastro della filosofia araba, di vedute più razionalistiche del nostro Arabi.

In età non più giovane incontrò il celebre poeta Rumi.

Scrisse “Le rivelazioni meccane” in cui vi sono speculazioni filosofiche e visioni mistiche, “La sapienza dei profeti”, “Dīwan”, una raccolta di poesie, e molte altre opere.

Ritroviamo Ibn-Arabi in San Giovanni della croce, sacerdote e poeta spagnolo, e la sua escatologia, come più in generale quella musulmana, esercitò un certo fascino sull’itinerario nell’aldilà raccontato dall’Alighieri1.

La sua concezione gioca -tra filosofia e lirismo- sull’unità dell’ Essere e la molteplicità delle sue manifestazioni: manifestazioni che esprimono l’ alterità assoluta senza intaccarla ontologicamente.

Il pensiero di Ibn Arabi è carico di trasporto e passione mistica verso il Divino. Un Divino che resta assolutamente inaccessibile, eppure, ci dice, non c’è nulla che non sia divino. La natura è infatti divina ma non si identifica con Dio. Ecco perché, come uno specchio, rimanda l’immagine di Dio ma non la detiene.

Per Ibn Arabi la natura è creazione continua, miracolo costante, prodigio incessante che accade. La sua visione è entusiastica ma senza dimenticare la vacuità del divenire. Per queste sue posizioni, così finemente in equilibrio tra amore di Dio nella dimensione mortale e amore di Dio nella sua insondabile immortalità, verrà accusato di panteismo. Tuttavia la sua maestria speculativa sta proprio nel mantenere una tensione tra panteismo e trascendenza.

Come poeta egli coglieva Dio nella sua immanenza, e come filosofo, Dio nella sua trascendenza.

“Così mi parli, Signore:

ascolta o beneamato!

Io sono la realtà del mondo,

il centro e la circonferenza,

le particelle e il tutto.

Io sono la Volontà stabilita

Tra il cielo e la terra;

e in te ho creato la percezione

solo perché tu sia l’obiettivo

della Mia percezione”

 

Dunque la percezione dei sensi rivela il divino in atto e nasconde quello in essere, apre al divino che

accade nel tempo per invitare a quello celato ed eterno.

“Il mio cuore

È divenuto capace di accogliere ogni forma:

è un pascolo per le gazzelle,

un convento per i monaci cristiani

è un tempio per gli idoli,

è la Ka’ba del pellegrino

è le tavole della Torah

è il libro sacro del Corano.

Io seguo la religione dell’amore

Quale sia mai la strada che prende la sua carovana:

questo è il mio credo e la mia fede”

Le religioni sono tutte percorsi ispirati, carovane interiori in pellegrinaggio verso l’Essere, o anche specchi che riflettono qualcosa di Dio ma senza coglierlo; perciò le religioni sono tutte valide, ma tutte imperfette.

La natura è teofania di Dio ma non coincide con esso, allo stesso modo le religioni tendono a Dio efficacemente, ma nessuna lo afferra definitivamente.

“L’amato mio è Uno e trino, benché Uno, poiché in essenza le persone sono una Persona sola”.

La risposta più sensata alla domanda se l’uomo può conoscere Dio è “si e no”. Non è un’indecisione dichiarata o un astuto sofismo.

Ma una condizione ontologica che ci riguarda: quella tensione tra panteismo e trascendenza, il mistero perfetto nel suo attrito.

Si e no, Uno e trino, unità e molteplicità, invisibile e visibile in specchio, trascendenza e panteismo.

Questa ambiguità metafisica non è che la condizione magica dell’esistenza.

Giulia Bertotto

 Per approfondire “La escatologia musulmana ne la Divina Comedia” di Miguel Asín Placios, saggio del 1919. Aveva fatto scalpore perché sosteneva che il viaggio notturno di Maometto in paradiso e all’inferno ha direttamente influenzato l’opera di Dante. Per approfondire vedi anche “Il libro della scala”.

 Da Salmi sufi. Canti della spiritualità musulmana., Icone Edizioni, 2004.

 “L’interprete delle passioni”, canzoniere di Ibn-Arabi. In questa opera si celebra l’amore sacro e mistico attraverso quello sensuale. Ricordiamo la concezione di Ibn Arabi, che vede la donna come destinataria di un inno alla creazione e alla bellezza. La donna può quindi essere amata di un amore celeste e non carnale.

Immagine: Ibn Arabi, WikimediaCommons

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