Pubblicato il 2 Dicembre 2019

Il mare dei Califfi: la storia musulmana delle relazioni nel Mediterraneo

di Barbara Palla

Christophe Picard, professore di storia medievale alla Sorbona, nel suo ultimo libro Il mare dei Califfi, pubblicato da Carocci Editore (2017), ripercorre le costanti relazioni tra mondo bizantino, latino e musulmano che dal VII secolo in poi hanno forgiato l’identità del Mediterraneo, un mare che non solo separava, ma soprattutto collegava le sponde dei tre spazi imperiali.

Dall’epoca della prima espansione dell’Islam, fino al XII secolo, quando le città marinare italiane, affiancate dai mercanti catalani, imposero il proprio controllo economico e commerciale sulle vie mediterranee, Picard analizza in modo storico e cronachistico la complessità degli intrecci di una zona condivisa. La posizione, spesso subalterna dell’Islam sul Mare Mediterraneo viene dunque riportata in primo piano in un racconto storico il cui tempo non è scandito unicamente da latini e cristiani.

Grazie allo studio delle fonti provenienti dagli archivi dei grandi Califfati Umayyade, Abbaside, Fatimide e Andaluso, Picard mette in evidenza come la storia dei musulmani sul mare sia stata scritta seguendo delle logiche simili a quelle degli europei.

I latini, negli archivi marinari, e i cristiani, nei loro annali monastici, plasmarono, essendone vittime, la figura del musulmano come “pirata moro e saraceno”. Allo stesso modo, nelle fonti arabe, la descrizione dell’arabo-pirata viene limitata alle epoche precedenti l’affermazione politica e religiosa dei  Califfi.

Se tuttavia nelle fonti europee persiste la visione negativa della figura del musulmano, con l’affermazione a sud dei Califfati quei pirati divennero i marinai emissari dell’islamizzazione, ricompensati e glorificati a prescindere dalla propria origine e provenienza. Allo stesso tempo quegli emissari erano considerati anche gli agenti commerciali dei Califfi, e, più spesso di quanto non si pensi, attraversavano il mare fino alle coste latine e bizantine per aprirvi nuovi mercati. 

Il recente studio degli scavi archeologici ha permesso a Picard di mettere in evidenza un’attività pressoché ininterrotta per tutto l’Alto Medio Evo. Il risultato è la creazione di un universo economico e mercantile, continuo da Baghdad fino a Cordoba, concorrente alle altre grandi reti navali, con le quali, solo successivamente, sono entrati in relazione.

Abbiamo dunque una nuova versione dell’evoluzione dello spazio mediterraneo: gli uomini di lettere, come per esempio Ibn Khaldun, al-Muqaddasi, al-Idrisi o ancora Ibn Battuta, raccontano la capacità di adattarsi, dal VII secolo in poi, delle società arabe e musulmane ai mutamenti annessi e connessi alla permanenza di un confronto lungo una frontiera tanto estesa quanto quella rappresentata dal Mare.

Se dunque da nord ci si rivolgeva al Mediterraneo come ad un Mare Nostrum, a sud, invece, il dominio dei mari era subordinato alle motivazioni religiose ed economiche. Diverso però fu l’atteggiamento che i Califfi adottarono a partire dal XII secolo nei confronti del Mare degli Arabi, il Golfo Persico e l’Oceano Indiano, il quale metteva in comunicazione diretta le  popolazioni musulmane delle sue coste.

L’opera di Picard si conclude infatti con una riflessione su questo cambio di prospettiva: in assenza di altre religioni con le quali entrare in rapporto, gli interessi economici e commerciali iniziarono a prevalere in una logica effettiva di dominazione delle rotte.

Barbara Palla

Link al libro: Christophe Picard, Il mare dei Califfi, storia del Mediterraneo musulmano (secoli VII-XII), Carocci editore, 2017.

Fotografia:  Essaouira, Bernardo Ricci  Armani, 2014, photographingaround.me

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