Pubblicato il 3 Settembre 2020

Usare Immuni o non usare Immuni – Cosa suggerisce la teoria dei giochi?

di Gaia Belardinelli e Paolo Galeazzi

Vale la pena di usare l’app Immuni? O è meglio evitare di consegnare i propri dati a server sconosciuti? E se il virus tornasse in autunno, come molti virologi sospettano, non sarebbe molto conveniente avere un’app che ci informa sulla sua diffusione? Nessuno di noi vuole tornare ad essere rinchiuso in casa come nei mesi scorsi. Quindi che fare? Vediamo cosa può suggerirci la teoria dei giochi al riguardo.

L’Italia è finalmente entrata nella fase di riapertura dopo la crisi del COVID-19. Tra le strategie che il governo ha adottato per assicurarsi che la curva dei contagi non si rialzi e che eventuali nuovi focolai rimangano sotto controllo, è previsto l’utilizzo volontario di Immuni da parte dei cittadini. Immuni è un’app pensata per tracciare coloro che hanno contratto il virus e informare chi si è trovato nelle loro vicinanze, così da facilitare il controllo della sua diffusione. L’efficacia di Immuni però è strettamente dipendente da quante persone scelgono di usarla. È stato stimato che l’app sarà efficace soltanto se almeno il 60% della popolazione italiana la scaricherà e la userà.

Si possono dunque distinguere almeno due scenari possibili, che possiamo chiamare scenario verde e scenario rosso.

Lo scenario verde è quello socialmente desiderabile: almeno il 60% degli italiani scarica l’app e rende possibile il tracciamento della maggior parte degli eventuali nuovi contagi. Il rischio di focolai incontrollati in autunno è ridotto al minimo, l’economia ha modo di ripartire in sicurezza, di rimanere stabile e prospera nel tempo, e la vita può tornare ad essere quella dei giorni prima della crisi – o almeno così si può sperare.

Nello scenario rosso invece meno del 60% degli italiani scarica l’app. Si creano nuovi focolai, che non vengono riconosciuti e isolati in tempo, la curva dei contagi si rialza e il governo si trova costretto ad adottare nuove misure drastiche. L’economia non riesce a ripartire in modo stabile ed entro il prossimo inverno torniamo ad essere privati della possibilità di uscire di casa liberamente.

Entrambi gli scenari sono realistici. Quello verde perché noi tutti siamo spaventati dal virus, dalla prospettiva di registrare nuovamente centinaia di decessi al giorno, o da una nuova crisi economica, mentre l’app offre una possibilità concreta per scongiurare tutto questo. Quello rosso perché in molti ancora non si fidano dell’app e sollevano polemiche contro il suo utilizzo, e purtroppo una seconda ondata del virus non si può escludere. Sono principalmente motivi di privacy e problemi tecnici che preoccupano: si corre infatti il rischio che qualcuno possa entrare in possesso di dati sensibili raccolti dall’app, rischio che non è eliminato dal decreto del governo che stabilisce che ciascuna informazione raccolta dall’app debba essere divisa in varie parti e ciascuna parte debba essere conservata in server diversi. Chi possiede le informazioni necessarie per trovare e associare le informazioni degli utenti, può ancora farlo. Inoltre, quello che può essere determinante per l’utilizzo dell’app è la sicurezza percepita dagli utenti più che quella reale, e campagne pro e contro Immuni, che sembrano avere fini politici più che di salute pubblica, potrebbero facilmente finire per confondere gli utenti e ridurre la diffusione dell’app.

Prevedibilmente, anche la sfera politica non è in accordo riguardo il suo uso. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte e il capo della protezione civile Angelo Borrelli hanno fin da subito confermato la sicurezza e l’utilità dell’app, suggerendo a più riprese di utilizzarla. Al contrario, i leader dell’opposizione Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono spesso schierati contro di essa, rivendicando appunto il diritto alla privacy. Altri ancora affermano che l’app dopo tutto non sia così necessaria, dato che comunque la curva dei contagi non sembra in rialzo.

Qual è quindi la scelta migliore tra usare l’app e non usarla?

Per farci un’idea possiamo provare ad utilizzare la teoria dei giochi, che è la teoria economico-matematica che si occupa di situazioni come quella descritta, in cui sono le decisioni individuali di più persone a determinare congiuntamente il risultato finale.

Se fosse il classico Dilemma del Prigioniero

Un modello della teoria dei giochi a cui si potrebbe pensare per descrivere la situazione in cui ci troviamo è il famoso “Dilemma del Prigioniero”. Questo dilemma prende il nome dalla storia di due individui che vengono arrestati ed interrogati separatamente. Più brevemente, il Dilemma del Prigioniero si può spiegare rifacendosi alla seguente situazione. Un budget di 4000 euro viene messo a disposizione di due giocatori, Anna e Marco, che dovranno dividerselo secondo questa regola: ciascun giocatore deve scegliere se (a) prendere 1000 euro dal budget e tenerli per sè, oppure (b) prendere 2000 euro dal budget e darli all’altro giocatore. La tabella seguente rappresenta la situazione in cui si trovano Anna e Marco.

Anna deve scegliere tra la riga (a) e la riga (b), mentre Marco tra la colonna (a) e la colonna (b). Ogni scelta di Anna e Marco corrisponde ad una coppia di numeri nella tabella, in cui il primo numero è la somma ottenuta da Anna e il secondo è la somma di Marco. Per esempio, se Anna sceglie di dare 2000 euro a Marco (riga (b)), mentre Marco decide di prendersi 1000 euro (colonna (a)), il risultato è (0, 3000): Anna non guadagna nulla, mentre Marco ottiene 1000 euro prelevati dal budget più i 2000 euro ceduti da Anna.

È evidente che la scelta di dare 2000 euro all’altro giocatore comporti il rischio di non ricevere nulla in cambio, e inoltre che tenersi 1000 euro produca un guadagno più alto qualunque sia la scelta dell’altro giocatore: se Anna scegliesse riga (a), a Marco converrebbe scegliere colonna (a); se Anna scegliesse riga (b), a Marco converrebbe comunque scegliere colonna (a). Tuttavia, con questo ragionamento, entrambi i giocatori finiscono per scegliere (a) e ottenere 1000 euro ciascuno, mentre avrebbero guadagnato 2000 euro a testa se entrambi avessero scelto (b). Per dirla con Amleto, questo è il dilemma.

In linguaggio tecnico, l’opzione (b) si dice dominata dall’opzione (a), che è invece la scelta dominante. Inoltre, la situazione in cui entrambi i giocatori scelgono l’opzione dominante è l’unico equilibrio del gioco, in quanto nessuno dei due giocatori avrebbe interesse a cambiare unilateralmente la sua scelta in quel caso.

La scelta che noi italiani dobbiamo compiere riguardo ad Immuni potrebbe essere vista come analoga alla situazione in cui si trovano Anna e Marco. Ciascuno di noi infatti deve decidere se usare l’app o no, e potrebbe trovarsi a pensare che:

Se almeno il 60% degli italiani usasse l’app, allora a me converrebbe non usarla, perché così avrei due vantaggi: (i) la maggior parte dei cittadini verrebbe tracciata e quindi la curva rimarrebbe sotto controllo anche nel caso in cui riemergessero nuovi focolai, e (ii) non correrei il rischio di dare i miei dati a server sconosciuti.
Se almeno il 60% degli italiani non usasse l’app, allora a me converrebbe non usarla perché (i) anche se io fossi uno dei pochi ad usarla, ciò non sarebbe comunque sufficiente a controllare il contagio, e (ii) non correrei il rischio di dare i miei dati a server sconosciuti.

Conclusione: che gli altri usino l’app o meno, a me conviene non usarla.

Interpretando il problema come un Dilemma del Prigioniero quindi, sembra che nessuno di noi abbia alcun incentivo ad usare l’app. Non usare l’app risulta qui la risposta più vantaggiosa indipendentemente da cosa facciano gli altri, è cioè la scelta dominante. Inoltre, se tutti interpretano il problema in questo stesso modo, non usare l’app risulta anche la scelta stabile, da cui nessuno vorrà deviare: è la scelta che porta ad una situazione di equilibrio.

Ciò può risultare sorprendente, dato che potrebbe portarci allo scenario rosso, ovvero al ritorno del virus e alla recessione economica. Invece, con il Dilemma del Prigioniero abbiamo trovato un modello economico per cui la scelta razionale sarebbe quella di non usare Immuni. Come può essere? Perché la scelta di usare Immuni viene esclusa come dominata quando invece è la scelta che aumenta le possibilità di uscire dalla crisi e di raggiungere lo scenario verde?

Il Dilemma del Prigioniero potrebbe essere un modello inadeguato a rappresentare il problema decisionale in discussione. Questo modello assume che la decisione che gli individui devono prendere sia individualistica, ovvero tale per cui ciascun individuo considera solo il proprio vantaggio e non quello sociale, e tale per cui la scelta più vantaggiosa non dipende da ciò che scelgono gli altri.

Ma è questa un’assunzione verosimile? Se lo fosse, allora anche nel caso in cui più del 60% della popolazione decidesse di usare l’app e ci ritrovassimo quindi circondati da persone che la usano, noi comunque sceglieremmo di non usarla. Ma anche questo forse non è realistico. Infatti, in tale situazione è probabile che si instaurino un insieme di norme sociali (regole solitamente non scritte che organizzano il nostro comportamento in società) tali per cui la scelta di non usare l’app diventerebbe socialmente sbagliata e possibile oggetto di gossip, sbeffeggiamenti e discriminazione. In casi estremi potrebbe anche portare all’esclusione sociale. Come è ormai noto alla comunità scientifica, tali norme sociali sono estremamente incisive ed efficaci nell’influenzare le nostre decisioni.

Se fosse una Caccia Al Cervo

Se vogliamo rappresentare correttamente il problema decisionale dell’app Immuni quindi, dovremmo forse ricorrere ad un modello in cui la scelta migliore è determinata, e non indipendente, dal comportamento degli altri. Un gioco di questo tipo è la Caccia al Cervo. Questo gioco si può descrivere in breve come una situazione in cui due individui, per procacciarsi del cibo, devono decidere se cacciare una lepre o un cervo. Una lepre garantisce cibo ad un individuo per due giorni, e ciascun cacciatore può cacciare una lepre individualmente, senza bisogno dell’aiuto dell’altro. Un cervo invece è un bottino più grosso, che basta per la sopravvivenza di due individui per tre giorni, ma fuori dalla portata di un solo cacciatore: entrambi sanno che solo cooperando riuscirebbero ad avere successo. La situazione è rappresentata nella tabella seguente.

Il problema decisionale dunque prevede la scelta tra un obiettivo minore ma raggiungibile individualmente, e un obiettivo maggiore ma possibile solo se gli individui sono disposti a collaborare. Chiaramente, l’obiettivo minore rappresenta la scelta più sicura, perché non comporta il rischio di tornare a casa a mani vuote. Viceversa, la possibilità di raggiungere l’obiettivo più grande dipende dalle decisioni altrui. In questo modello la scelta migliore dipende dunque da cosa scelgono di fare gli altri: che loro decidano di cacciare la lepre o il cervo, a noi conviene fare lo stesso.

Se rappresentiamo la situazione attuale come una Caccia al Cervo, dove l’obiettivo maggiore è lo scenario verde, abbiamo che:

• Se gli altri usano l’app, a noi conviene usarla.
• Se gli altri non la usano, a noi conviene non usarla.
• Conclusione: ci conviene fare quello che fanno gli altri.

Nella Caccia al Cervo, a differenza del Dilemma del Prigioniero, ci sono due situazioni di equilibrio: sia quella in cui tutti usano l’app, ovvero lo scenario verde, sia quella in cui nessuno la usa, lo scenario rosso. Usando questo modello, dunque, lo scenario verde non viene escluso dagli esiti razionali, come invece accadeva nel caso del Dilemma del Prigioniero. Ma come fare per raggiungerlo ed evitare l’equilibrio dello scenario rosso?

Come per i cacciatori, supporre che l’obiettivo maggiore (scenario verde) sia preferito da tutti non basta per concludere che sarà lo scenario verde a verificarsi. Infatti, ciò che avverrà dipende dalle convinzioni che abbiamo su quello che faranno gli altri. Se non ci fidiamo della collaborazione del nostro compagno di caccia e crediamo che alla fine lui sceglierà di cacciare la lepre, allora sarà per noi più sicuro fare la stessa cosa. Allo stesso modo, se non ci fidiamo della cooperazione dei nostri concittadini e crediamo che in molti non useranno l’app, sarà per noi più sicuro non usarla.

Giornalisti, editori, ma anche politici, hanno quindi una grande responsabilità. Se l’uso dell’app viene associato ai molteplici rischi per la nostra privacy, più che ai suoi vantaggi, la popolazione chiaramente tenderà ad essere meno incline a scaricarla ed utilizzarla. Per creare fiducia nel comportamento prosociale di tutti è quindi fondamentale che da un lato i giornalisti si impegnino a dare le notizie nel modo più oggettivo e scientifico possibile, ad affiancare i vantaggi ai rischi, e che dall’altro i politici non strumentalizzino temi importanti come l’uso dell’app ai fini di polarizzare la popolazione e attrarre consenso.

Per quanto riguarda noi cittadini, è importante ricordare che solo tramite la collaborazione e la fiducia reciproca sarà possibile raggiungere lo scenario verde e uscire dalla crisi una volta per tutte. Siamo in una situazione ancora precaria, e ci siamo dentro insieme.

Gaia Belardinelli e Paolo Galeazzi

Paolo Galeazzi è ricercatore alla University of Bayreuth e al Center for Information and Bubble Studies (CIBS), University of Copenhagen, e Gaia Belardinelli è ricercatrice dottoranda al CIBS.

Sull’argomento in Economia comportamentale Decisioni individuali, conseguenze collettive di Felice Giuliani, psicologo e dottore di ricerca.

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