Pubblicato il 9 Luglio 2021

La sofferenza del corpi nei calchi di Pompei

di Sara Nocent

È di poco più di sei mesi fa il ritrovamento a Pompei di due corpi intatti su cui è stato possibile impiegare la tecnica del calco evidenziandone le posture e i dettagli. La scoperta è stata definita di straordinaria importanza per il patrimonio culturale italiano – e non solo – e alcune testate hanno classificato la notizia nella sezione “Arte” o “Cultura”. Da queste osservazioni si può aprire una riflessione sul modo di approcciarsi ai corpi di Pompei, provando ad ampliare un punto di vista archeologico verso la filosofia e l’antropologia.

Il nostro modo di porci di fronte a un reperto ne modifica i significati e la somiglianza tra i calchi e le statue può portarci a osservarli a partire da una consapevolezza artistica: i corpi non sarebbero più evidenti in quanto persone, bensì come racconti pietrificati di attimi drammatici.

Si può riflettere sul fatto che questa attenzione culturale implichi la distanza dal vero che Platone attribuiva all’arte in quanto imitazione nel decimo libro della Repubblica, aspetto che comunque potrebbe incontrare una vicinanza dello “spettatore” all’oggetto in termini emotivi.

Se guardassimo invece al calco come a un Altro, una persona connotata prima di tutto dalla sofferenza, i significati ci riguarderebbero direttamente per la loro umanità.

Nel libro Il Tempo e l’Altro il filosofo Emmanuel Lévinas parla della sofferenza fisica come “impossibilità di distaccarsi dall’istante dell’esistenza”. Gli abitanti dell’antica Pompei ci metterebbero quindi di fronte non tanto alla morte, quanto a quell’intercapedine di vita in cui il tempo preme sull’esistenza inchiodandola a un “ora” che si divide tra la consapevolezza fisica del dolore e l’inconoscibilità della morte.

Ciò che viene comunicato è un tempo intimo che va oltre la storia. Gesti, posture ed espressioni ci risultano attuali perché riguardano la sopravvivenza.

Infine, la sofferenza dell’Altro influisce sull’identità sia in termini sociali, come David Le Breton sottolinea nel suo Antropologia del dolore, sia in termini etici, legandola indissolubilmente alla responsabilità.

Sara Nocent

Crediti Fotografici: Autore: Luigi Spina / Pompei Parco Archeologico Ringraziamenti: ANSA – Copyright: ANSA

Sara Nocent è una studentessa dell’Università di Trieste, è iscritta al corso di Studi letterari e storico-artistici.

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