Nel testo Psicotropici (Meltemi, 2020) Jean-Loup Amselle cerca di contestualizzare lo sciamanismo nella società odierna attraverso l’analisi dell’utilizzo che si fa di una pianta presente nella zona amazzonica che si espande nel Perù, l’ayahuasca.
Amselle, antropologo di fama mondiale, teorico del meticciato nel mondo multiculturale, affronta la questione ponendo al centro della sua riflessione una particolare contraddizione della contemporaneità: ovvero come lo sciamanismo sia diventato un fenomeno che fa da leitmotiv per il turismo di massa.
Uno dei grandi paradossi messi in luce dalla riflessione di Amselle in Psicotropici, è come il turismo di massa, definito come “turismo mistico”, che viene veicolato da un bisogno collettivizzato, quello di incontrare dimensioni parallele e altri mondi attraverso il consumo di ayahuasca, porti in realtà verso una iper-individualizzazione che estrania le persone dalla dimensione condivisa.
L’ayahuasca è una sostanza che, nella tradizione locale del contesto nella quale Amselle porta avanti la sua ricerca etnografica, l’amazzonia peruviana, ha assunto un ruolo specifico, taumaturgico e fitofarmacologico, nei secoli. Però nel contesto del “turismo mistico” il consumo di questa pianta, che avviene sotto forma di infuso di varia natura, rientra in una logica culturale che affonda le sue radici negli anni Sessanta ed in particolare nella cosiddetta “rivoluzione dei fiori”, e l’annessa “controcultura giovanile”.
Ma nell’oggi del testo di Amselle non si vive più quell’intenzionalità di gruppo che stava alla base di una generazione di giovani che cercavano nuove emozioni attraverso l’estraniamento dal sé e attraverso una visione ancora romantica, a tratti “irrazionalista”, del consumo di sostanze psicotrope. Oggi si è perso il senso della collettività, spazio in cui un’emozione poteva essere condivisa, a favore di un viaggio catartico,