Pubblicato il 15 Gennaio 2024
“Dimmi la tua routine e ti dirò chi sei”: antropologia e quotidiano
di Melissa Pignatelli
Quotidiano, routines, ripetizioni, abitudini, valori, regole e leggi, affinità e rifiuti che compongono la vita di tutti i giorni delle persone nelle diverse società che abitano nei cinque continenti costituiscono l’oggetto di studio dell’antropologia culturale. Ma trovare quelle piccole cose che distinguono ognuno di noi, dal modo di prendere il caffè la mattina alle notizie che leggiamo, sono il cuore della curiosità di antropologhe e antropologi.
Spesso nell’opinione pubblica, l’antropologia viene assimilata all’archeologia o alla paletnologia, e si pensa che gli antropologi si occupino di reperti ossei, di crani fossili, di pietre taglienti, di scavi in luoghi assolati e di classificazioni museali, polverose e ritirate che poco hanno a che fare con il mondo contemporaneo. Se queste attività occupano certamente gli antropologi fisici, non sono invece il fulcro dell’attenzione degli antropologi culturali.
Franco La Cecla e Piero Zanini hanno scritto un breve e chiarissimo testo Una morale per la vita di tutti i giorni (Eleuthèra, 2012) nel quale spiegano in maniera chiara e distinta che l’antropologia culturale è quella materia che si occupa di capire come ognuno vive il suo quotidiano: singolarmente o in comunità, il modo di vivere è quell’insieme di abitudini, regole, routines, interruzioni, desideri, attese, immaginari, ripetizioni, particolari concezioni, credenze e morali che regolano l’agire umano nei diversi luoghi del mondo.
Per comprendere nell’intimo a cosa ci riferiamo e che cosa si sforzano di capire gli antropologi, la chiave è nel concetto di quotidiano, o meglio in quello di routine, perché è li che si annida la morale che applichiamo – più o meno consapevolmente – alla vita di tutti i giorni. Riprendendo il lavoro di analisi di due antropologi svedesi, La Cecla e Zanini individuano nelle routines il cuore del modo in cui le persone fanno le cose. Le routines sono “quello che la gente fa per abitudine: le abitudini alimentari, quelle del vestire, del parlare, le frasi fatte, i gesti, le consuetudini che possono essere vissute come rassicuranti o oppressive, ma che in ogni caso ricorrono nella vita quotidiana, rendendola una specie di ripetizione costante, allontanando l’angoscia del vuoto, dell’inedito, dell’irruzione dell’inaspettato nella vita. Le routines sono gli appigli che salvano nei momenti difficili, che consentono di vivere i drammi personali e collettivi, le crisi epocali e le trasformazioni del mondo. Sono ciò per cui si può dire “la vita continua”.
Queste routines quotidiane sono dunque un’insieme di prassi e immaginari che caratterizzano individui e società, singoli e collettività, che possiamo anche chiamare culture, e formano il cuore dell’interesse antropologico. Ma chiunque abbia viaggiato si può rendere conto delle diversità di ritmi ed abitudini che s’incontrano in città e paesi diversi dal proprio e di quanto l’organizzazione del quotidiano in altri luoghi possa portarci ad adattare, a modificare il nostro modo di essere per sentirci maggiormente a nostro agio. Per esempio:
“La mattina a Hanoi si fa colazione con una zuppa di phò accompagnata da un pane lievitato a forma di churro spagnolo. Certo, se rimarrete in albergo non vi capiterà mai, ma se cominciate a girare e a mescolarvi ai locali, a un certo punto capirete quanto sia importante cominciare la giornata con quello che è considerato per i vietnamiti il pasto per eccellenza.
Se vivete in Spagna per un pò, vi troverete da outsider a domandarvi come mai le città sono vuote, deserte dalle due alle cinque del pomeriggio, e fin quando non capite che questa sosta permette poi di prolungare la giornata fino a notte inoltrata non avrete afferrata una delle leggi della vita quotidiana spagnola.
Ogni paese ha il suo tempo di sospensione, il tempo del bar a Roma, il tempo della xinxina a Lisbona, quello della demi di birra in un bistrò francese, o del chai in un caffè turco, fuori della porta. Per ritmare la vita quotidiana, le sospensioni sono più importanti delle continuità, danno il senso dell’inizio, del passaggio tra una fase e l’altra della giornata, dell’andare verso la sera, della conclusione del giorno.
Ogni cultura ha inventato modi e rituali per dare ai ritmi del giorno il senso di una “normalità eccezionale”, della recita dei vespri delle anziane di un paese siciliano, alle cinque preghiere giornaliere dell’islam, o alle puja hindu accompagnate da uno scampanellio che allontani gli spiriti e svegli la coscienza. Ma la ritualità può essere anche il tempo di comprare un durian nei mercati all’aperto di Bangkok, o quello dell’attesa di una camioneta collettiva nella periferia di Quito”.
Ecco dunque che nel “qui e ora” specifico di ogni società si rintraccia quel particolare modo d’intendere la vita, di pensarsi all’interno delle relazioni umane, di concepire il proprio agire, di sognare, di muoversi, di organizzare il proprio tempo. E capire tutto questo, partendo dalle persone che lo vivono, dalla morale applicata alla vita di tutti i giorni, è il lavoro quotidiano degli antropologi.
Melissa Pignatelli
Franco La Cecla, Piero Zanini Una morale per la vita di tutti i giorni, Eleuthèra, Milano
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi