Pubblicato il 11 Dicembre 2024
La mediatrice, l’ospedale e la cura dimenticata
di Anna Maria Francioni
Non puoi che essere tu; con passo sicuro la tua figura scorre tra i lunghi corridoi bianchi, congelata dall’odore di uno dei tanti luoghi di cura che, sparsi per il pianeta, accolgono persone in cerca delle più svariate forme d’aiuto. Tieni in mano un foglietto prestampato che indica il percorso da seguire per arrivare a uno dei tanti reparti dell’Ospedale: Radiologia è la strana parola che la lingua italiana ha riservato per te.
Per te che sei arrivata da un paio di mesi dal Camerun, non con la calma di una viaggiatrice travel blogger, ma reduce da tre anni di spostamenti che non hanno avuto il sapore dell’avventura alla scoperta del mondo, con genitori e amici a casa in attesa di seguirne le tappe e i social che si gonfiano di like ad ogni post con foto esotiche.
No, il tuo viaggio comincia pieno di speranze, mescolate a paura, e dura tanto tempo non perché visiti con calma angoli di pianeta alla ricerca del diverso, ma perché diversa sei tu, non si sa da chi e da cosa. E se osservo la bellezza della tua figura, quel qualcosa di diverso lo trovo forse solo lì, in quella perfetta mescolanza di semplicità e bellezza, così rare da individuare nei nuovi corpi costruiti dalla società neoliberale che, creando l’illusione di potere avere tutto, se ne è impossessata, contribuendo alla creazione di persone uguali e plastificate, costruite su un unico stereotipo di perfezione.
Eppure il mondo del XXI secolo e, forse, anche dei secoli che l’hanno preceduto, ha stabilito che ci sono individui che possono viaggiare per piacere e altri che si spostano per sgusciare finalmente fuori dalla ragnatela di quegli stati ingiusti che limitano le libertà individuali, pervasi da violenza e povertà, dove corruzione e nepotismo sono visibilmente presenti. Lasciare famigliari, amici, amori e spazi costruiti e permeati da quel senso di cultura, concepita come processo in continua formazione dagli esseri umani, nella speranza di trovare pace e giustizia in paesi migliori è spesso l’unica possibilità.
Solo che, troppe volte, questa immagine si arena in una realtà che cade vittima di un destino caratterizzato da una sofferenza che è perpetrata da forze e processi storicamente dati che cospirano la durezza della vita limitando la capacità d’azione.
La struttura ospedaliera italiana, ancora oggi, resta legata ai luoghi di cura dei secoli che ci hanno preceduti, vigilati dalla chiesa cattolica, a voler dimostrare che il Dio Cristiano è presente accanto ai quei fedeli che, in attesa di ricevere la grazia, pregano chini, accendendo luci di speranza in cambio di offerte in denaro. Ci abbracciamo sotto un crocifisso di rozzo legno, noncurante che quello non è l’unico Dio in questo mondo. Mi afferri la mano e, come se ci conoscessimo da sempre, anche se in realtà è il nostro primo incontro e io sono solo la mediatrice che cercherà di fare del suo meglio per favorire il dialogo tra te e il medico, ci dirigiamo al reparto.
Siamo in attesa di eseguire una risonanza magnetica, esame diagnostico che non è invasivo a livello fisco, ma invade prepotentemente l’essere del paziente impotente. Osservando il nostro corpo immobile e spoglio, infatti, ci svela se siamo malati e, in caso affermativo, ci rivela quale ragno si è impossessato di noi. Rose è tranquilla, ma credo nasconda un po’ di paura. L’operatore non è cordiale, parla solo con me e la presenza della paziente sembra non interessargli. Mi fa uscire dalla stanza e un attimo dopo mi chiama innervosito perché Rose, secondo lui, non capisce che deve togliere una collanina che porta al collo.
L’arrivo dell’Altro negli ospedali mette ancora in subbuglio la ferrea idea che comportamenti e reazioni corretti siano racchiusi in un limitato ventaglio di scelte appartenenti a usi e costumi della società euro-occidentale. Rientro e trova Rose irrigidita, che, sola nel suo reggiseno in pizzo, tiene il busto infreddolito leggermente inclinato, forse, come istinto di protezione, o forse alla ricerca di quel calore atavico che si irradia dal basso della terra e che regna incontrastato sotto l’asettico pavimento.
Rose ha perfettamente compreso che deve sfilare la catenina, ma nessuno le ha spiegato il motivo e il perché deve abbandonarla in un contenitore di plastica. Quando mi vede si fida di me e subito la porge nelle mie mani, sono grata per questo momento. Attendo fuori stringendo forte il filo d’argento tra le mie mani, mentre spero tutto, tranne la diagnosi poco dopo confermata. Il gergo, impreziosito dalla posizione di potere che il medico detiene, la noncuranza nei confronti del fatto che la paziente non possieda una comprensione dell’italiano adeguata a permetterle di comprendere i termini scientifici utilizzati e l’indifferenza con la quale ci saluta velocemente, come merce che scorre su un rullo alla catena di montaggio, mi lasciano stordita.
Più che mai è emersa la necessità di possedere informazioni attive sui concetti di malessere all’interno delle differenti culture. La negoziazione comunicativa tra paziente e medico è fondamentale e la superficialità con la quale ancora viene trattata questa questione nel sistema sanitario italiano è un problema da affrontare urgentemente. La malattia, come la vita, non è riconducibile a sola esistenza biologica: essa è inevitabilmente interessata da dinamiche simboliche e sociali. Afferro la mano di Rose, piano piano ripercorriamo il corridoio e lei sorride dicendomi: “Dio mi aiuterà”.
Non so quale Dio esattamente, ma spero possa graziare lei e tanti altri che, oltre al peso di discriminazioni e violenze, affrontano anche quello di essere malati in un sistema sanitario non sempre formato per costruire relazioni di cura capaci di far emergere esperienze di malattia dai significai diversi.
Anna Maria Francioni
Riferimenti bibliografici da leggere per approfondire:
3. Antropologia medica. I testi fondamentali. Ivo Quaranta, Raffaello Cortina Editore, 2006
Immagine di Marie Ruda, Silhouettes, drawing, inchiostro su carta, Saatchi Art_link qui
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi