Pubblicato il 22 Maggio 2019
Mao Zedong è arrabbiato
di Federico Giuliani
Oggi in Cina puoi diventare ricco dal giorno alla notte. Se abiti in una casa o pianti cavoli in un campo strategico per i piani di sviluppo del governo, allora stai pur certo che le autorità busseranno alla tua porta per chiederti il terreno; perché lì dovranno sorgere palazzi e centri commerciali. L’ascesa dei contadini, non sempre a lieto fine, è soltanto una delle numerose storie raccontate dallo scrittore cinese Yu Hua nella sua ultima fatica Mao Zedong è arrabbiato (Feltrinelli, 2018), una raccolta di articoli e brevi saggi che documenta dall’interno la “vera quotidianità nella Cina del XXI secolo”.
Promesse non mantenute, traguardi mai raggiunti e un’idea di uguaglianza evaporata sul nascere: la Cina ha tradito le aspettative di gran parte dei suoi cittadini vendendo l’anima al profitto e provocando una serie di effetti nefasti. Senza un adeguato background culturale è quasi impossibile integrarsi all’interno delle futuristiche megalopoli cinesi e, quando se ne rendono conto, gli ex-contadini rimpiangono il loro campo da coltivare e l’unico lavoro che erano in grado di fare.
Yu Hua utilizza fin da subito una metafora incisiva per spiegare l’attuale contesto in cui si trova il Paese: ogni cittadino cinese viene paragonato a una bacchetta. Il problema, agli occhi dello scrittore, è lo scenario che si viene a creare perché da una parte c’è una bacchetta sola ma compatta, il governo; dall’altra tantissime bacchette, i singoli cittadini, che sono sì più numerosi del potere centrale, ma sono tra loro separati. In un simile clima, è quindi facile per le autorità controllare l’intera popolazione e influenzarne i pensieri, come nel caso del patriottismo.
In un capitolo del libro il governo è accusato di aver derubato i cittadini del “loro patriottismo”. L’autore distingue “l’educazione patriottica dispensateci dal Partito Comunista”, che in quasi sessant’anni ha riunito l’amore per la patria e la devozione al governo, e il “vero patriottismo”, che consisterebbe invece nel criticare oggettivamente i problemi della società cinese. “Hanno cancellato la differenza fra la nazione e chi la amministra, portandoci via il patriottismo per sostituirlo con un ottuso nazionalismo”, è la triste analisi dello scrittore cinese.
La descrizione del paese prosegue offrendo al lettore vari spunti sui quali riflettere, fra cui anche il tema della censura. Le autorità cinesi praticano un ferreo controllo su ogni messaggio veicolato dai media e negli ultimi anni Pechino ha stretto la presa a causa dell’avvento dei social network. Nel mondo virtuale i cinesi adottano le strategie più originali per eludere la sorveglianza: un termine per indicarne un altro, una data al posto di un’altra e così via.
Molti individui si ritrovano così a vivere sotto pressione, in situazioni che non avevano anticipato, desiderando in cuor loro di tornare ad essere “i signori nessuno di un tempo”. Questa nostalgia del tempo passato e delle nuove ingiustizie alimentano un filone autoironico di barzellette, tra cui:
“Sai da cosa si nota l’ingiustizia in questa società?
La gnocca dice: “Voglio un diamante!”. E il diamante arriva.
Il ricco sfondato dice: “Voglio una gnocca!”. E la gnocca arriva.
Io dico: “Voglio farmi una doccia!”. E finisce l’acqua.
Se Mao Zedong sapesse cos’è diventata la sua Cina, sarebbe talmente arrabbiato che chiederebbe lui per primo di tirare giù il suo ritratto a Tienanmen.
Federico Giuliani
Yu Hua, Mao Ze Dong è arrabbiato, Feltrinelli Editore, 2018.
In fotografia: Bernardo Ricci Armani, Shanghai. Dangerous Crossing, Shanghai, 2012.
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi