Pubblicato il 29 Gennaio 2020

Il Grande No: la cerimonia contro le calamità dell’anno nuovo nell’antica Cina

di Melissa Pignatelli

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Nella Cina antica, quella feudale di circa duemila anni fa, la cerimonia per il cambiamento dell’anno si chiamava Ta No; il grande No. La parola No ha due versioni nel cinese scritto: un’ideogramma significa No e l’altro significa “Calamità”. Il curioso caso della fine dell’anno vecchio e dell’inizio dell’anno nuovo in Cina con un’epidemia virale, il coronavirus, ci porta a curiosare nelle antiche tradizioni cinesi e scopriamo che le pratiche in uso nell’impero cinese miravano per l’appunto ad evitare che la fine di un anno portasse con se delle calamità in quello nuovo.

La cerimonia invernale del Grande No derivava da un’antichissima festa popolare caratterizzata da danze mascherate e da un’eccitazione sessuale, attizzata da licenze speciali nei rapporti uomo-donna, dalla mescolanza tra uomini e donne, dai travestimenti di alcuni uomini in donne. Documenti delle danze mascherate e delle cerimonie del passaggio dell’anno sono rimasti negli archivi e il paziente lavoro di ricostruzione un antropologo e storico della Cina, Marcel Granet (1884-194) ci permette di consultare in  Danze e Leggende dell’Antica Cina  (Adelphi, 2019, pp.570) documenti storici sulle modalità di svolgimento della cerimonia dell’Anno Nuovo nell’antica Cina.

La cerimonia era celebrata nel palazzo imperiale con un gran numero di persone e aveva l’obiettivo di espellere le Pestilenze. Il nucleo della festa era una danza: la danza dei Dodici Animali.  La danza dei Dodici Animali serviva ad intronizzare i Geni dell’anno nuovo dopo aver espulso quelli dell’anno vecchio:

“I principali esecutori erano dei giovinetti. Sotto gli Han (206 b.C.- 220 d.C., ndr) ce n’erano 120. Dovevano avere tra i 10 e i 12 anni; portavano una cuffia rossa e una tunica nera e tenevano in mano grossi tamburelli muniti di manico. Il personaggio che faceva il ruolo principale della cerimonia, il Fang-siang-che, aveva quattro occhi di metallo giallo e indossava un pelle d’orso. La parte superiore del suo abito era nera e la parte inferiore rossa. Impugnava una lancia e brandiva uno scudo. C’erano anche 12 animali con peli piume e corna. Li si faceva entrare nella sala del trono in cui erano riuniti numerosi funzionari e guardie, ognuno con una cuffia rossa in testa. Dapprima i giovinetti salmodiavano in coro una maledizione minacciosa rivolta alle Cose Malvagie; poi si eseguiva la danza del Fang-siang-che e dei Dodici Animali. Tutti facevano, lanciando grandi grida, tre volte il giro della sala e, tenendo delle torce, uscivano dalla porta del Sud per scacciare verso l’esterno le Pestilenze.

Un primo drappello di cavalieri, passandosi le fiaccole, le trasportava fuori dalle mura del palazzo, dove cinque coorti di nuovi cavalieri se ne impossessavano e andavano a gettarle nel fiume Lo. Terminata l’espulsione, venivano disposte sulle porte per l’anno nuovo figurine umane in legno di pesco, effigi di Yu-liu e corde di giunco e venivano offerti ai principali dignitari lance di giunco e bastoni di pesco”.

I documenti storici delle dinastie Souei (581 d.C – 617 d.C) e T’ang (618 d.C – 917 d.C.) parlano di animali sacrificati e squartati nel centro e alle quattro porte cardinali della capitale. Il montone e il gallo squartati, accompagnati di libagioni, venivano seppelliti in una fossa. Dopo gli Han, il pesco ha continuato a essere usato nelle festività del nuovo anno,

La cerimonia del Grande No, durante il periodo Han, si concludeva con il lancio di torce infuocate nel fiume, riequilibrando così le forse in gioco nelle danze. La cerimonia dell’anno nuovo avveniva nel cuore dell’inverno, durante la stagione freddissima che vedeva gelare la terra. Per il timore del diffondersi delle calamità alcuni borghi, nel nord dell’impero Han venivano chiusi (Granet, 2019, p.261: “Tutto, allora, doveva essere chiuso per paura delle Pestilenze e in particolare le porte delle città e dei borghi”. E questo riporta all’attualità, con la chiusura della città di Wuhan.

Dando uno sguardo alle cartine geografiche (sotto), comparando quella storica (a sinistra) e quella attuale (a destra), possiamo ipotizzare che la regione di Wuhan appartenesse alla regione Nord dell’Impero Cinese sotto la dinastia Han, proprio in quella zona che rimaneva chiuse durante i mesi invernali duemila anni fa e che i rituali tradizionali accompagnavano nel passaggio delle stagioni, anche per prevenire fenomeni che la memoria storica delle società antiche, evidentemente, conservava.

Storia e memoria di tradizioni popolari che si farebbe bene a conservare sempre.

Melissa Pignatelli

Fotografia di Bernardo Ricci Armani, Shanghai, 2012.

Marcel Granet, Danze e Leggende dell’Antica Cina  (Adelphi, 2019, pp.570)

L’Impero cinese durante la dinastia Han, 206 b.C.- 220 d.C.

Cina geografica, Wuhan nel punto segnato in rosso corrisponde al Nord della Cina, che veniva isolato durante le feste del Grande No nel periodo Han

Cina geografica, Wuhan nel punto segnato in rosso corrisponde al Nord della Cina, che veniva isolato durante le feste del Grande No nel periodo Han.

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