Pubblicato il 22 Maggio 2020

L’antropologia culturale come raccolta dei processi vitali

di Sara Fresi

L’antropologo Tim Ingold nella sua ultima opera Antropologia. Ripensare il mondo (Ingold, Meltemi, 2020) dona la sua esperienza ad un vasto target di pubblico formato da accademici, ricercatori, studenti e qualsiasi lettore. La sua proposta antropologica è quella di candidare l’antropologia a pratica culturale e sociale in grado di fornire valide risposte e portare sul tavolo del dialogo argomenti utili alla comprensione di problemi di carattere globale, come ad esempio il regime capitalistico e il sistema di produzione, distribuzione e consumo, la fame, la povertà e perfino quegli impatti antropici che sopravviveranno alla permanenza degli esseri umani sulla Terra.

L’antropologia deve entrare nelle vite di tutti noi, sin dalle scuole primarie e può fondersi con le materie didattiche; deve entrare nel dibattito pubblico, non può restare ai margini. Il soggetto dell’antropologia è la vita umana. L’uno e il tutto si compenetrano; questa è una filosofia che include le persone. Pensare e conversare sono azioni che hanno l’obiettivo di conoscere le cose dall’interno e imparare dall’osservazione. Il collante che tiene insieme l’antropologia è l’unità dell’esperienza. Se ad esempio gli economisti studiano il mercato, gli scienziati politici esaminano lo stato e i teologi analizzano la chiesa, gli antropologi argomentano come il mercato, lo stato e la chiesa si compenetrino nell’esperienza delle persone.

L’antropologia si introduce nel processo vitale e opera con esso, entrando all’interno delle relazioni e dei processi che danno origine alle cose del mondo per portarle nel campo della nostra consapevolezza. Pertanto è necessario formulare domande sugli altri e sul mondo e attendere le loro risposte. Questi processi accadono continuamente nelle conversazioni è ciò procura cambiamenti nelle vite di coloro che sono coinvolti. L’antropologia diventa così arte dell’inchiesta ponendosi in modo umile, umano e sostenibile; non significa avere il potere esclusivo di spiegare il mondo, ma piuttosto di prenderne parte. L’antropologia può contribuire a trasformare le vite e ciò accade attraverso il coinvolgimento pratico con gli altri, che non sono oggetti di studio, ma persone di cui avere cura di portarli a conversare con noi, per poter imparare da loro. Solo così sarà possibile costruire un mondo dove ci potrà essere spazio per tutti.

Sara Fresi

Sara Fresi è giornalista pubblicista e laureata in Storia e Società all’Università degli Studi di Roma Tre.

Riferimento bibliografico: Tim Ingold, Antropologia. Ripensare il mondo, 2020, Meltemi editore: Milano.

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