Pubblicato il 14 Maggio 2021

L’arte africana, tra interconnessioni, scultura e oralità

di Giulia Arcoraci

Il sociologo Norbert Elias, osservando il corso della storia, ha suddiviso il percorso dell’arte africana in più tappe: l’arte tradizionale degli artigiani, prodotta per un uso interno delle comunità nelle quali gli oggetti vengono tramandati di generazione in generazione; l’arte artigianale commerciale, per la vendita ai turisti non africani; l’arte artigianale emancipata nella quale gli artigiani esprimono emozioni e tratti estetici più individuali; infine l’arte degli artisti, ovvero un’arte pienamente individualizzata.

Le culture africane sono caratterizzate dall’oralità e dall’importanza della parola. La “parola” assume forme e tonalità differenti, in questo senso l’arte esprime ciò che la parola pronuncia, dando quindi forme e volti a pensieri astratti, impensabili, alle divinità o agli antenati.

I soggetti e le forme differiscono da cultura a cultura, ma si possono individuare dei “gruppi” di oggetti e stili: le sculture (rappresentanti antenati, Re, divinità o temi specifici come la maternità), le maschere rituali (molto famose sono quelle della popolazione Dogon del Mali, ma presenti in moltissimi territori), i nomoli (originari della Sierra Leone), le arti tessili e decorative (bracciali, collane), le arti della “persona” (pitture del corpo, oggetti per acconciature, gioielli) e le arti rivolte alle abitazioni (poggiatesta, seggi). Per quanto riguarda soprattutto la scultura e le maschere, le forme difformi, i volumi marcati, trasmettono un senso di estraneità allo spettatore “occidentale” abituato a volti più realistici. Il realismo non è mai stato un obiettivo dell’arte africana, questa infatti non è rivolta alla contemplazione ma all’azione: ha una funzione precisa che deve essere immediata e comprensibile alla sua comunità.

Gli oggetti africani sono quindi “immediati”, incarnano i sentimenti associati alle funzioni di culto e le divinità stesse, per questo motivo hanno tratti estetici molto marcati, voluminosi; spesso gli occhi delle sculture e delle maschere sono delle sottili fessure molto spesse, in modo che “esprimano” la “possessione” di chi le indossa.

I materiali utilizzati – solitamente – sono il legno, la terracotta, l’ottone, il bronzo, l’avorio, l’argilla o delle fibre vegetali, generalmente materiali deperibili e malleabili, la pietra è utilizzata raramente. Il materiale usato non è un semplice “mezzo”, ma ogni elemento scelto ha un suo significato, così come gli eventuali colori applicati.

I tre colori principali dell’Africa sono il bianco, il rosso e il nero. Il colore non è una qualità secondaria, ma fa parte della struttura stessa delle cose: il cammino individuale della vita, verso la morte e nella reincarnazione, è un procedere ciclico da un colore all’altro: dal bianco (l’aldilà, la fragilità dell’infanzia), al rosso (la giovinezza), al nero (simbolo dell’anziano saggio), per poi tornare al bianco e così via. Nelle maschere, per esempio, il colore è fondamentale e va rinnovato ad ogni esibizione: in questo modo hanno il ruolo di connettere il passato al presente, gli antenati ai viventi.

L’arte africana costruisce così nuovi campi semantici, luoghi, abitazioni, si spiega e trova i suoi significati nel suo relazionarsi con altre culture, soprattutto nei suoi rapporti con l’Occidente che, nel corso della storia, ha studiato e provato a “spiegare” l’arte dell’Africa, attribuendogli diverse interpretazioni: l’arte africana con il tempo è diventata simbolo di identità etniche circoscritte.

Per concludere è necessario sottolineare come la particolarità delle opere d’arte africane ha certamente influenzato alcuni tra i maggiori artisti europei: Pablo Picasso e Amedeo Modigliani tra i primi, questi hanno trasmesso i volumi allungati e marcati dei volti delle sculture africane alle loro opere d’arte.

Oggi il mercato d’arte africana è certamente un settore molto vivo, gli antichi “confini” che separavano l’Africa e l’Europa sono stati oltrepassati, creando un universo interculturale in cui le due parti vivono un perenne contatto di scambi che ne influenzano il rispettivo patrimonio culturale.

Giulia Arcoraci

Immagine in copertina: PASCALE MARTHINE TAYOU ‘Shanghai Colonial’ 2019. Courtesy Galleria Continua

‘CONGOVILLE’  è una mostra collettiva al Middelheim Museum di Anversa in Belgio dal 29 Maggio 2021 al 3 Ottobre 2021. Congoville è un’opportunità per esplorare il passato coloniale del Belgio attraverso tracce fisiche e mentali rappresentate nella mostra da un edificio scolastico, un parco, miti imperialisti e la presenza di persone di origine africana ma nate in Belgio. 15 artisti curati dalla guest curator Sandrine Colard esplorano connessioni ed interconessioni. Per info e visite al Museo in Belgio link qui.

Congoville talk al Museo Middleheim di Anversa

 

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