Pubblicato il 9 Giugno 2022

Il dilemma dell’aragosta: la vulnerabilità diventa una risorsa?

di Maurilio Ginex

Nel libro Il dilemma dell’aragosta. La forza della vulnerabilità”, edito da Meltemi, De Matteis studia e analizza il tema della vulnerabilità da un punto di vista antropologico, scorgendo in essa una risorsa per l’individuo. Prosegue in maniera originale, attraverso l’immagine metaforica dell’aragosta.

Quest’ultima vive una condizione di vulnerabilità di fronte alla realtà, in quando nasce nella nudità. Il carapace che la avvolge cresce in un secondo momento per poi essere rigettato perché diverrà una prigione, in quanto non si conformerà mai al cambiamento del corpo che si trasforma. Così, dunque, si tratta di un ritorno e di un rigetto, normalizzato secondo natura, che porta l’aragosta a continui passaggi di status di fronte a situazioni limite.

L’aragosta è un’immagine mitopoietica dell’individuo. Un’immagine che spiega come l’individuo, nel suo divenire, debba continuamente mettere in critica la propria condizione trasformandosi e riadattandosi alla nuova condizione che vivrà. Un paragone che funzionalizza l’eterno dilemma dell’aragosta e che nell’ottica di De Matteis diventa un modo per spiegare come l’uomo, in qualsiasi contesto si ritrovi, possa sempre trovare un modo per rimodellarsi al fine di riadattarsi.

Attraverso questa immagine l’uomo, per l’autore, si trasforma in una sorta di superuomo nietzschano che attraverso la sua volontà di potenza riesce a rendere le situazioni limite come una risorsa per rimodellarsi, elevandosi al di sopra di una condizione normalizzata. Ma oltre ad evidenziare come l’individuo possegga la capacità di rifunzionalizzarsi, esso – nell’ottica dell’autore – superando una condizione di vulnerabilità varca anche un vero e proprio limite.

Secondo De Matteis infatti, l’uomo, di fronte alle situazioni limite varca una soglia e attuando questo passaggio si trasforma diventando funzionale allo schema di valori con cui si incontra. In questo senso nel libro di De Matteis si contestualizza il concetto antropologico di “rito di passaggio”, inserendo la dimensione della vulnerabilità in questo frangente in cui nel passaggio si è vulnerabili come individui ma in coerenza esistenziale con l’idea di cambiamento.

Il testo rappresenta un volume eterogeneo in quanto sono svariati i punti di riferimento concettuali che vengono utilizzati come metafore delle condizioni di vita dell’individuo. Ma un tema che ritorna si può scorgere anche nel rapporto che viene descritto dall’autore tra l’individuo e la sua patria culturale. Intendendo per quest’ultima la dimensione culturale e identitaria in cui si nasce e cresce.

Il testo si articola come un diario che racconta dinamiche in cui De Matteis si è ritrovato e in cui è stato possibile ritrovare aspetti, del comportamento degli individui, che rendessero funzionale il naturalizzato comportamento dell’aragosta. Il rapporto tra individuo e patria culturale ritorna però in varie forme. È come se si affrontasse tale rapporto da un punto di vista completamente opposto. Da un punto di vista che vede nella patria culturale dell’individuo un ricordo sempre nitido, che alimenta l’identità individuale e che funge da “forma di resistenza” alla diversità in cui si viene calati. Una condizione che vede l’individuo continuamente dialogare e mettersi in conflitto con le proprie origini identitarie.

Il mondo globalizzato si edifica sulla base di un’eterogeneità culturale che fa dell’individuo un qualcosa di potenzialmente e continuamente sradicato. De Matteis, attraverso le storie di vita che racconta, evidenzia questo aspetto determinante per delineare alcune peculiarità del mondo di oggi. La tematica dello sradicamento non viene soltanto osservata come una conseguenza dell’essere cittadini apolidi del mondo che, in base ad una collocazione lavorativa o ad una determinata condizione socio-politica del paese di origine.

Lo sradicamento è anche una condizione che viene fuori da una dimensione interiore in cui si smette di pensarsi come parte di una collettività e si smette di dialogare con l’altro. Questo è l’altro aspetto determinante del testo. L’assenza di volontà di abbandonare la propria dimensione identitaria per non aprirci verso l’altro. Su questo concetto si dipana l’altro aspetto della metafora dell’aragosta, ovvero il suo perdere la corazza (il carapace) e riflettere su se stessa di fronte al nuovo status di nudità. L’aragosta senza la sua corazza è vulnerabile, non ha protezione. Dunque, questo significa – nell’ottica di un’auto-riflessività – che la vulnerabilità, oltre ad essere una risorsa per rifunzionalizzare se stessi, diventa uno spazio in cui attuare un dialogo interiore e riflettere.

Per quanto riguarda l’aragosta il tutto avviene secondo la meccanica della natura; per quanto riguarda l’individuo, invece, l’autore propone la via dell’auto-antropologia. Cioè una particolare forma di riflessione sul sé, che porta l’individuo a liberarsi delle proprie corazze e sicurezze, per esporsi al rischio del cambiamento e aprirsi verso l’altro.

Maurilio Ginex

Stefano De Matteis, Il Dilemma dell’aragosta, Meltemi editore

Immagine: Hozan-Aragosta articolata. Aragosta in avorio a grandezza naturale finemente scolpita nei particolari con patine in contrasto sulla superficie ruvida e liscia. Interamente articolata,  si muovono le antenne e il corpo centrale, realisticamente lavorata e  decorata in cromia a simulare la realtà naturale del crostaceo. Firmata Hozan entro riserva quadrata sotto la coda. Provenienza: Giappone. Periodo: Meiji seconda metà XIX sec. Dimensioni: aperta: 34 x 32 x 5 cm. chiusa: 21 x 15 x 5 cm.

Di 9 Giugno 2022Filosofia

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