Pubblicato il 17 Dicembre 2023
Il Wabi-sabi o l’arte dell’accettazione dell’imperfezione
di Melissa Pignatelli
“Trovare il mio posto e sistemarmici”, dice Beb-Deum apprestandosi a sedersi sul suo cavalletto per eseguire i disegni contenuti nel leporello (libricino a soffietto) Wabi-Sabi appena pubblicato da ObarraO, “il wabi-sabi è la quintessenza dell’estetica e il cuore delle diverse arti tradizionali del Giappone; rinvia alla sua anima profonda impregnata di buddhismo zen”.
Il wabi-sabi, ancor più che una filosofia zen è un’arte di vivere con serenità l’imperfezione della vita accettandone l’impermanenza, il fluire senza una forma precisa, rinunciando a controllarne ogni aspetto dietro un’ideale perfezionista, osservandone la patina sulle cose, sui mobili, sulle architetture, apprezzandone la semplicità e la grazia guardando il creato. Nei disegni di Wabi-sabi l’occasione di eseguire un acquerello in bianco e nero diventa un modo per entrare in sintonia con la natura, con una connessione così profonda da ricordare la meditazione.
Dal punto di vista etimologico, la parola wabi significa semplicità, natura e bellezza nella sua forma più modesta mentre sabi si riferisce invece all’usura naturale che il tempo impone sulla materia, una sorta di melanconia attenta. Wabi-sabi è dunque un sentimento composto di pienezza, di gratitudine e di accettazione che si sente nel vedere l’imperfezione della bellezza, che accetta il tempo che scorre, il modificarsi delle capacità delle persone, i petali che cadono e tutti quei cretti che la vita impone sulle ceramiche come sulla pelle delle persone.
Presentato attraverso i disegni di Beb-deum di giardini e tempi di Nara e Kyoto eseguiti a china e biacca, o matita nera e matita bianca su carta grigia, il wabi-sabi si percepisce come una filosofia da viversi in equilibrio con l’ambiente circostante, da allenare nel quotidiano con l’osservazione e l’accettazione del posto che si occupa nel mondo, anche secondo i principi e la filosofia del buddismo giapponese zen.
La messa in pratica del wabi-sabi permette così uno sviluppo personale verso erenità e armonia con il tempo che scorre, in sintonia con l’ambiente circostante che permette di sbarazzarsi del superfluo, di non sfruttare la natura, di accettare le stagioni della vita. E così
il disegno che si è prodotto quasi da solo giunge infine al suo termine; è tempo di deporvi la luce del giorno, a mo’ di macchie di latte – di piacere – sul grigio tenue della carta, prima di riprendere coscienza del proprio corpo, sgranchirlo ed eclissarlo dalla scena.
Lo spirito, invece, ci metterà più tempo ad abbandonare i luoghi.
Melissa Pignatelli
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi