Pubblicato il 21 Marzo 2024

Amazzonia, oltre gli eco-miti occidentali

di Gabriele Grieco

I coloni europei hanno plasmato un’immagine romantica e idealizzata della foresta amazzonica, esercitando un’influenza profonda sulla percezione ecologica occidentale. Spesso, quando i media europei e occidentali discutono dell’Amazzonia, ci descrivono la lussureggiante vegetazione verde, dipinta come un paradiso in perfetto equilibrio: il “polmone del mondo” che merita protezione da intrusioni, incendi e grandi industrie. Questa narrazione ha generato diverse conseguenze.

Innanzitutto, ha favorito la promozione di un discorso etno-ecologista in cui si producono e consolidano stereotipi attorno alla figura del nativo, cioè isolando la foresta dagli altri biomi e accentuando l’importanza degli abitanti amazzonici in base alla loro presunta integrazione perfetta con l’ambiente. Una visione riduttiva e categorizzante.

Il concetto di “tradizionalità” di un gruppo indigeno, inteso come – tra le altre possibili “virtù” – il vivere perfettamente integrato e in pace nella foresta, gioca un ruolo cruciale nelle lotte politiche del movimento indigeno internazionale: i finanziatori e i pianificatori di progetti di sviluppo, insieme ai media, tendono ad ascoltare di più i gruppi che appaiono più “tradizionali”, basandosi sulla loro “quota identitaria”. (Albert citato in Lenzi-Grillini 2010:376). Questo significa che chi vive in un ecosistema differente rispetto alla foresta parte politicamente svantaggiato, visto che l’apparente grado di tradizionalità (tratti diacritici, che distinguono visibilmente il popolo nativo dal “moderno”) apparirà minore nei gruppi indigeni più vicini all’economia e alla cultura nazionale e rurale (caboclos, in Brasile). Se un nativo si veste o utilizza orologi e telefoni, allora quel grado di “tradizione” gli viene negato.

L’idea dell’ “indigeno” nell’immaginario occidentale è una costruzione che si concentra su un unico tratto o caratteristica di alcuni popoli indigeni dell’Amazzonia, riducendoli così a una singola rappresentazione, intrappolati nel riduzionismo etnico che li rende soggetti alle tendenze politiche e commerciali dominanti. Il turismo tropicale in Brasile cerca di individuare questo tratto riconosciuto, riflesso nell’ideale occidentale dell'”indigeno”: il silvicolo, il bruto o gentile abitante della foresta, immerso in un passato indefinito. Questo rinforza l’idea che ogni popolo segue una via unica, passando dall’essere un abitante primitivo, naturale e selvaggio della foresta, a diventare un cittadino moderno, civile e “acculturato”. Cioè l’idea di una modernità, raggiunta attraverso una serie di stadi di sviluppo culminanti nella civiltà moderna: un progresso unilineare che l’umanità starebbe perseguendo. Un paradigma conosciuto come “evoluzionismo culturale”, alibi perfetto per una espansione coloniale in nome del progresso e dello sviluppo economico (Comaroff & Comaroff 2019).

Anche gli indigeni stessi finiscono per assimilare questo immaginario, utilizzandolo in spettacoli e rappresentazioni volte a soddisfare il desiderio delle masse turistiche per l’esotico, mentre cercano di sostenere la propria economia danneggiata dalle forme predatorie del capitalismo:

“Immagini esotiche di corpi adornati da copricapi e pitture rituali erano chiaramente privilegiate dal pubblico occidentale in quanto indici di autenticità culturale. Riformulando la loro cultura in una forma “green” e accettabile dal pubblico occidentale seppero rappresentarsi con successo nell’arena internazionale e guadagnarsi il supporto di influenti donatari” (Bugoni 2016).

Questo ecologismo strumentale, oltre a generare maggiori finanziamenti per i popoli che corrispondono all’ideale dell’indigeno immerso nella foresta – il “buon selvaggio” -, contribuisce anche a perpetuare lo stereotipo di un’Amazzonia vergine, una terra sconosciuta e disabitata da preservare. Ciò distrae dall’importante fatto che questa grande distesa verde è il risultato di secoli di interazioni umane, dove la vegetazione si è sviluppata attraverso le manipolazioni umane, inclusi i metodi di coltivazione e le pratiche abitative dei nativi della regione.

Gabriele Grieco 

Immagine: L’aereoporto di Boa Vista in Brasile, link

REFERENZE

COMAROFF, J. L., & COMAROFF, J. (2019). Teoria dal sud del mondo: ovvero, come l’Euro-America sta evolvendo verso l’Africa. Teoria dal sud del mondo, 1-316.
BUGONI, F. (2016). “Sting e i Kayapò: politiche identitarie in Amazzonia”. Antro di Chirone: https://www.antrodichirone.com/index.php/it/2016/06/03/sting-i-kayapo-e-le-politiche-identitarie-dei-popoli-amazzonici/
LENZI-GRILLINI Filippo (2010), I Confini delle terre indigene in Brasile. L’antropologia di fronte alla sfida delle consulenze e delle perizie tecniche, CISU

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