Pubblicato il 16 Aprile 2024

“Pop Palestine” ricette di una cucina che resiste

di Melissa Pignatelli

Avere tra le mani e sfogliare Pop Palestine. Viaggio nella cucina popolare palestinese di Fidaa I A Abudamdiya e Silvia Chiarantini, appena ripubblicato da Meltemi Editore, trasmette una particolare sensazione emotiva, come quando si ha davanti a sé un reperto archeologico o come quando si osserva la vita fermata in un fossile sfuggito a una catastrofe naturale o una reliquia sopravvissuta ad un eccidio, uno di quei momenti particolari che portano con sé silenzio, ammirazione e raccoglimento.

Oltre al valore intrinseco del libro sull’originalità della cucina di un particolare paese mediorientale, Pop Palestine custodisce una parte della cultura palestinese che sopravvive attraverso la memoria delle ricette, la scelta degli ingredienti, le tradizioni di come di eseguono i piatti, i racconti che portano a quel giorno, a quel piatto. E in un tempo nel quale giungono notizie della fame e della carestia che colpiscono la Striscia di Gaza, leggere di cucina, dei modi di cucinare, vedere fotografie di signore ai fornelli e forni in attività in tempi di maggiore serenità fa emergere tutta l’assurdità che la guerra reca con sé.

Così, nel raccontare il viaggio si intrecciano i modi e i momenti nei quali si cucinano i piatti e si condiscono con le avventure al mercato, negli orti, al mare a prendere gli ingredienti, le erbe e le spezie, e si consumano con la convivialità tradizionale del mondo arabo, che si ferma ad accogliere gli ospiti con la mano sul cuore.

Il viaggio inizia nel 2013 a Hebron antica città palestinese caratterizzata da stradine strette e tortuose, con le autrici che, come guide pazienti, ci ricordano la storia di quando nel 1516 la Palestina era una provincia della Siria, confluita nell’Impero Ottomano e poi finita sotto il mandato della Gran Bretagna affidatole dalla Società delle Nazioni che l’ha amministrata fino al 1947.

A Hebron scopriamo i dolcetti di gelatina alla rosa di Abed (che non c’è più) e le ricette di Aziza che racconta le parole arabe per indicare i diversi tipi di cibo: il cibo per gli ospiti, il cibo del matrimonio, il cibo per i nuovi vicini di casa, il cibo in occasione di un lutto, il cibo in occasione della circoncisione, e così via.

Poi il viaggio prosegue per Betlemme dove si intrecciano i racconti della nascita dell‘UNRWA (l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi nata nel 1952 per aiutare la popolazione a seguito della guerra del 1948) e la legge israeliana sulle “proprietà degli assenti” – che finisce per nazionalizzare i possedimenti palestinesi non reclamati dai rifugiati –  si incontra l’utile ricetta del tè alla menta e poi si riparte attraverso strade e autostrade fino a Ramallah, dove viene servito il caffè al cardamomo. Quel caffè insaporito col cardamomo che in Voci da Gaza, come l’anestesia per le operazioni chirurgiche, da Dicembre 2023, non è più disponibile.

E poi Gerusalemme, il racconto del legame viscerale dei palestinesi per questa città, il molto tempo perso ai checkpoint dai viaggiatori per accedere a Al Quds (nome arabo di Gerusalemme) la città dove ai palestinesi serve un permesso speciale per entrare e dove le nuove costruzioni del coloni israeliani corrono sulla strada che prosegue per Gerico, Nablus, Jenin facendo rimpiangere il sapore rincuoranti del burgul con lenticchie e cipolle, la genuinità del pane palestinese e le ricette dei pancake con i datteri.

Infine il libro e il viaggio si concludono a Gaza dove però già nel 2013 non è possibile entrare, e allora Silvia ricorre ai suoi appunti di viaggio del 2010 e a Majd, giovane ragazza gazawiya conosciuta in quell’occasione, che le invia per email le ricette della Striscia. E così scopriamo l‘insalata di Gaza:

Dagga gazawiyya – Insalata di Gaza

L’insalata di pomodori, semi di aneto, aneto fresco, aglio e peperoncino è particolarmente piccante e condita con olio di oliva. Si accompagna bene con quasi tutto, riso, carne e pesce. Ai gazawi piace il cibo piccante: il peperoncino viene conservato in salamoia e anche tritato e messo sott’olio e si chiama shatta. Quest’insalata viene servita con formaggio palestinese, pane, olio e za’atar, uova e hummus (tutte ricette che trovate nel libro), sorseggiando una tazza di tè.

Oltre al peperoncino nelle cucine di Gaza non manca mai un mortaio di terracotta. Ogni famiglia prepara questa ricetta a suo gusto, e così consigliamo di fare anche a voi.

E così la memoria di momenti e ricette di un viaggio tra amiche e amici alla scoperta di un paese nel quale parenti e conoscenti hanno aperto le porte delle loro case per condividere un momento intorno a un tavolo diventa la testimonianza di una cultura sotto attacco.

E se le ricette sopravvivono e resistono come galleggianti alla deriva di un mare di macerie che aumenta ogni giorno, lo stesso non si può dire di molti incontri fatti in questo viaggio di Pop Palestine: persone, artigiani, fragranze, usanze, negozi, luoghi, stradine, alberi, animali, paesaggi polverizzati per sempre.

Tracce di vita di un popolo la cui umanità complessa rimane incisa nelle pagine militanti di un libro di cucina popolare.

Melissa Pignatelli

 Pop Palestine. Viaggio nella cucina popolare palestinese di Fidaa I A Abudamdiya e Silvia Chiarantini, Meltemi Editore, 2024

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