Pubblicato il 9 Novembre 2024
Cicatrici e sogni, resti di un viaggio a piedi dalla Mauritania
di Anna Maria Francioni
Filtra un raggio di sole debole dalle irregolari e deteriorate fessure di una finestra del CAS (sistema di accoglienza dove i migranti ricevono assistenza legale, sanitaria e sociale) con la quale collaboro. La luce si posa sull’aggraziato volto di un ragazzo di venticinque anni, arrivato in Italia da pochi giorni, accompagna i suoi eleganti lineamenti che, inclinati e leggermente timidi, restano immobili, accantonati dallo sguardo che si alza leggermente verso me, tentando di raccontarmi la storia di vita che accompagna il viaggio affrontato e le speranze future, con un tono gentile, incapace di nascondere la delicatezza che gli appartiene; filigrane luccicanti illuminano i suoi occhi mentre narra del ragazzo che vorrebbe raggiungere in Olanda, già arrivato da quasi un anno.
Sono fidanzati da molto tempo ed entrambi sono fuggiti dal loro paese d’origine, la Mauritania, non solo politicamente instabile, ma anche estremamente repressivo e violento. È piacevole ascoltarlo e mi abbandono al suo racconto perdendo, in parte, la professionalità che in questi momenti solitamente è indispensabile. Forse proprio questa inaspettata sintonia tra noi ci aiuta e, liberando la parte più intima, si espone, raccontando le sue paure e il suo istinto e io ne resto grata.
La bellezza del suo volto contrasta con le abrasioni da poco in guarigione che ricoprono parti della schiena e del torace scuro. Il tragitto del suo viaggio è stato complicato da incontri che, oltre alla violenza riservata a tanti compagni, hanno sprigionato su di lui repressioni, discriminazioni e pregiudizi inauditi, giustificati dal solo dubbio che il suo orientamento sessuale non fosse quello conforme alla legge, divina, biologia, secolare che, in modi diversi, ma da sempre ben amalgamati, stabilisce norme e comportamenti ritenuti corretti all’interno della società. Hanno saputo laboriosamente abusare della sua anima, prima che della sua pelle, con ferite che lo accompagneranno, anche se ne sono certa, non ne bloccheranno il coraggio e la sua meta.
Dove un tempo carovane nomadi trasportavano oro e pietre preziose, oggi file di persone in cerca di una vita migliore, illuminate dalla stessa luna, affrontano viaggi estenuanti trovando a volte la morte, a volte la vita. La dolcezza con la quale mi ha descritto l’ultimo abbraccio al suo compagno speranzoso di ricolmarlo un giorno, la descrizione della via principale del paese, dei suoi odori e dei ricordi nitidi che lo accompagnano sarà per me indimenticabile.
I percorsi di costruzione identitaria di ogni essere umano sono manipolati dalle gerarchie, dai rapporti di forza e dalle variabili come quelle di classe, origine e anche dai comportamenti ritenuti corretti all’interno della società. In alcuni paesi, tutt’ora esistono ancora pene severe per chi non si conforma agli standard sessuali tradizionali, e le devianze sono spesso trattate come malattie.
Essere una persona migrante nell’Italia del ventunesimo secolo non è affare semplice, come non lo è se il proprio orientamento sessuale non rispecchia quello della famiglia patriarcale, idealizzata e incorporata come unica e giusta, aggravando così una situazione già deteriorata da una precarietà alimentata da una struttura burocratica particolarmente viziata, scoordinata e non sempre rispettosa dei diritti umani.
La violenza che accompagna queste dinamiche affonda l’agency di molti esseri umani in una miriade di forme che, in modo fluido, continuo e instancabile si dipana espandendosi. Può essere violenza fisica, perpetrata dalle cinghie divenute fruste improvvisate da mercanti di esseri umani, o quella ostentate dai funzionari di polizia che difendono stati che sanno alzare muri davanti alle persone ma lasciano libere le merci, arrivando, infine, a quella dei burocrati che, nel castello della loro gerarchia, hanno il potere di decidere chi può restare e come potrà sopravvivere.
E forse queste forme di violenza arrivano, infine, anche a me, che sono qui ad ascoltarti, in qualche modo spaventata ma anche affascinata dal tuo racconto così lontano e così vicino. Come ci suggerisce Greaber, la violenza è capace a volte di tenere in piedi strutture, anche se non sempre manifestata fisicamente, può essere presente nascondendosi dietro altre forme.
Che tu possa liberare il tuo amore, fratello mio, e viaggiare questo mondo fiero di te stesso e libero.
Anna Maria Francioni
Testi citati:
1. ILGA, Annual review of the human rights situation of lesbian, gay, bisexual, trans and intersex
people in Europe and central Asia, 2023
2. ILGA, Annual review of the human rights situation of lesbian, gay, bisexual, trans and intersex people in Europe
and central Asia, 2023
3. Graeber, D., (2016) Burocrazia. Perché le regole ci perseguitano e perché ci rendono felici, Il saggiatore, Milano
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi