Pubblicato il 15 Marzo 2019
La tribù degli Uomini dei Fiori in Arabia Saudita
di Eric Lafforgue
In Arabia Saudita, nelle province meridionali di Jizan e Asir, lungo il confine yemenita vive il solitario gruppo degli Uomini dei Fiori. Da secoli, questi discendenti delle antiche tribù di Tihama e Asir amano indossare delle colorate corone floreali sulla propria testa. Gli Uomini dei Fiori sono molto gelosi della propria tradizioni di decorazione floreale, essa rappresenta un modo pacifico per distinguersi rispetto al resto del paese. Fino a venti anni fa, vivevano totalmente isolati senza elettricità o strade asfaltate, e seguivano le proprie leggi tribali.
Per lungo tempo sono stati riluttanti nei confronti della possibilità di essere fotografati o anche di incontrare gli stranieri. I primi studi sono stati condotti solo negli anni ’90 quando il fotografo francese Thierry Mauger è riuscito a incontrarli.
Gli Uomini dei Fiori hanno un privilegio raro nel Regno: sono l’unica tribù in Arabia Saudita ad avere la possibilità di coltivare e consumare il khat, una pianta stimolante e stupefacente. Il possesso di stupefacenti in Arabia Saudita è infatti passibile di pena di morte.
Con l’incessante crescita dello sviluppo economico in Arabia Saudita, la quotidianità è cambiata in fretta nonostante la società sia ancora molto conservatrice. Ad esempio, non è ancora possibile vedere alcuna donna negli spazi pubblici. Ma grazie al progetto “Vision 2030” il governo saudita, guidato da Mohammed bin Salman, intende attirare milioni di visitatori nel regno, gli Uomini dei Fiori rischiano di diventare uno strumento in più per attirare i turisti.
L’area in cui vivono gli Uomini dei Fiori è anche teatro dell’odierna contrapposizione tra l’Arabia Saudita e lo Yemen. Questo conflitto genera molto imbarazzo nella loro comunità dato che le persone sui due lati del confine appartengono alla stessa tribù. Tuttavia nella quotidianità, il potere dei fiori regna.
Gli Uomini dei Fiori amano vivere nelle montagne, un’antica risorsa che permette di monitorare la zona dai punti più elevati e al contempo assicura un po’ di fresco durate l’estate. La regione è infatti molto conosciuta ed è meta di vacanza per le persone che vivono nelle valli. Gli Uomini dei Fiori coltivano caffè su speciali terrazzamenti, dove cresce anche il khat, il potente stupefacente locale. In questo rappresentano un’eccezione nel paese datoche il possesso di droga è passibile di pena di morte.
Gli Uomini dei Fiori vivono anche in Yemen. La guerra tra Arabia Saudita e Yemen li mette a disagio dato che da entrambi i lati del confine hanno lo stesso sangue. La guerra influisce inoltre sull’economia locale, basata su scambi commerciali quotidiani e ogni giorno fa arrivare molti rifugiati yemeniti in Arabia Saudita.
Gli Uomini dei Fiori si ritrovano presto la mattina, prima che faccia troppo caldo, per comprare delle corone floreali già confezionate. Alcuni preferiscono scegliere da soli le erbe e i fiori per preparare i propri ornamenti e darsi così uno stile unico.
Le erbe aromatiche come il basilico selvatico, il fieno greco e la calendula sono le più diffuse e sono portate ogni giorno sui mercati grazie a vecchie Toyota trasformate in negozi effimeri.
Alcuni immaginano l’Arabia Saudita come un enorme deserto, ma si sbagliano: nel Regno è possibile trovare più di 200 specie floreali diverse. Gli Uomini dei Fiori non portano la kefiah araba. Le corone floreali non solo sono un bellissimo ornamento, ma sono anche squisitamente profumate dai fiori freschi e conferiscono agli uomini un bel aspetto e un buon profumo.
Nel mercato di Mahalah, un anziano signore indossa le scarpe tradizionali ricavate da foglie di palma. Le abitudini sono cambiate a partire degli anni ’90 con la costruzione di una nuova funivia che permette oggi di raggiungere i villaggi remoti abitati dagli Uomini dei Fiori. Le tradizioni tuttavia rimangono molto forti tra gli anziani.
La massima eleganza per gli Uomini dei Fiori più adulti sta nell’abbinare i colori della propria corona a quelli della barba, che tingono con l’henné. Molti affermano di apparire molto più giovani e molto più attraenti in questo modo.
Le corone di fiori sono vendute per una manciata di euro. Le più eleganti sono fatte con un particolare tipo di gelsomino che è talmente fragile da dover essere conservato in celle frigorifere dai venditori. Una corona così confezionata può essere indossata per due giorni.
I fiori sono scelti con cura anche per essere in armonia con i vestiti tradizionali della tribù. Qualche anno fa, i futa erano intessuti dagli uomini yemeniti del villaggio di Bayt Al Faqih, ma oggi sono realizzati in India.
Le corone floreali non sono indossate solo per motivi estetici, ma anche per ragioni di salute: le erbe medicinali sono molto popolari in Arabia Saudita e si usano per curare i mal di testa. Anche il khol che gli uomini usano per segnare il contorno degli occhi ha effetti benefici.
Gli Uomini dei Fiori sono molto gelosi delle proprie tradizioni floreali dato che è stato un modo per distinguerli dagli abitanti delle altre province. Gli uomini che abbandonano le corone devono portare i capelli lunghi per adeguarsi alla cultura locale.
Alcuni uomini sono talmente fieri delle proprie decorazioni floreali che le condividono su Instagram. Questo metodo è usato anche per farsi vedere alle proprie fidanzate prima del matrimonio. Anche se la società è ancora molto conservatrice, i social network permettono ai giovani, uomini e donne, di mettersi in contatto privatamente.
Nonostante l’amore che hanno per i fiori, gli Uomini dei Fiori sono anche conosciuti per le proprie capacità di combattimento e per il loro forte temperamento.
Gli Uomini dei Fiori della provincia di Asir erano soliti vivere in questo genere di casa fino agli anni ’80. Erano edificate in pietre rosse e mattoni di terra. Gli elementi architettonici di difesa delle loro case ci indicano che gli abitanti vivevano nella costante paura di essere attaccati. Le torri di osservazione erano infatti usate sia come granai che come postazioni di sicurezza, alcune di esse hanno più di 200 anni.
All’interno delle vecchie case abbandonate si possono vedere i muri decorati con gli stessi schemi di colore impiegati per le corone di fiori. Questo particolare tipo di arte è chiamato al-Qatt al-Asiri ed era realizzato dalle donne. Recentemente è stato inserito nei Patrimoni dell’UNESCO. Le donne indossano anche loro decorazioni floreali, principalmente a casa, ma fotografarle è severamente vietato.
I bambini sono molto fieri di essere visti indossare i futa e i fiori insieme ai propri padri. Le corone floreali sono un accessorio della quotidianità, però le persone cercano di conservare gli ornamenti più elaborati per il mese del Ramadan e per i matrimoni. Insieme ad essi indossano il tradizionale pugnale chiamato jambya, realizzato – per i più ricchi – in osso di corno di rinoceronte.
Nel souq di Najran, questo mercante saudita tiene in mano un antico jambya dal valore di più di 100 000 dollari con un’impugnatura di osso di corno di rinoceronte, lo tiene nascosto in un’enorme cassaforte. Le persone non tengono conto della crisi del bracconaggio dei rinoceronti, e così il traffico continua.
Offrire una corona ai visitatori è una tradizione ad Asir. I venditori di fiori realizzano questi regali per i rari turisti che riescono a raggiungere la regione, tuttavia prossimamente, con il piano del governo che prevede di portare milioni di visitatori nel Regno, questa bella tradizione potrebbe scomparire…
Eric Lafforgue
Eric Lafforgue è un fotografo francese collaboratore delle principali testate giornalistiche e di viaggio internazionali come National Geographic, Lonely Planet, Le Monde, Der Spiegel, Times e molte altre. Grazie ad un approccio molto umanista, i suoi reportage e le sue storie di viaggio offrono uno sguardo positivo delle realtà con cui entra in contatto, spesso sconosciute al grande pubblico.
Eric Lafforgue ha effettuato questo fotoreportage in Arabia Saudita. I suoi servizi in giro per il mondo sono visibili qui.
La traduzione in italiano è di Barbara Palla.
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi