Pubblicato il 22 Novembre 2023

“Che il Buddha ti protegga”, l’antropologa investigatrice della serie di gialli himalayani

di Melissa Pignatelli

Arrampicate sulle montagne più alte del mondo vivevano un tempo in gioioso equilibrio molte comunità buddiste tibetane. I rosari di grosse perle scure e tintinnanti, il tè con il burro fuso, le gerle piene di piante raccolte a mano, i pesanti vestiti neri con i ricami rossi, l’ambra, il corallo e il turchese che adornavano i visi bruniti dal sole, la filosofia della ricerca dell’illuminazione costellavano il quotidiano delle molte persone che abitavano i vasti altipiani himalayani dando corpo ad un universo ormai in via di estinzione ma che ritroviamo ne La scomparsa del manoscritto tibetano e poi ne Il mistero dei cinque stupa  in una serie investigativa scritta da Bernard Grandjean per le edizioni Obarrao. 

Oltre al panorama suggestivo e all’atmosfera colta delle storie di Grandjean, troviamo un’insolita protagonista che conduce le indagini chiamata Betty Bloch, ovvero un’antropologa parigina e ribelle che preferisce le comunità vicine agli ottomila piuttosto che l’ambiente borghese dal quale proviene. Eccola in un estratto de Il mistero dei cinque stupa:

“Betty Bloch si versò un po’ di tè, ne bevve due sorsi, sgranocchiò un dolce dal sapore leggermente ammuffito e si abbandonò al piacere di essere là. Due anni, pensò, due anni erano già trascorsi dal suo primo movimentato soggiorno all’Hotel Windsor
Non era mai ritornata. È vero che gli avvenimenti si erano concatenati in modo bizzarro. C’era stato quel felice soggiorno al monastero di Tashi Choling e il disastroso arrivo dei suoi genitori all’inizio dell’anno, i lamenti di sua madre, gli scandali che aveva provocato nell’hotel, nonostante fosse il più elegante di Calcutta, per cose molto futili come uno sciacquone che non funzionava o uno scarafaggio che galleggiava nel lavabo. C’erano state anche le lettere infuocate di Bruno, il suo fidanzato, al quale non aveva mai risposto. Le aveva bruciate una dopo l’altra a Tashi Choling, non per disprezzo, ma perché serviva un po’ di carta per accendere il fuoco nella baracca dalle assi disgiunte dove, malgrado tutto, aveva passato l’anno più appassionante della sua vita.

C’erano state infine le molteplici pressioni per un ritorno immediato a casa, il ricatto affettivo e poi la fine degli invii di denaro. Malgrado tutto l’amore di suo padre, c’era stata una lettera con la quale si scusava di spedirle l’ultimo assegno. Lei non gliene aveva voluto: era stato così paziente e così generoso. E poi aveva qualche risparmio che poteva permetterle di resistere svariati mesi, senza fare follie. A corto di risorse, stava cominciando a interessarsi agli orari dei voli di ritorno quando era avvenuto il miracolo: la borsa da ricercatore in antropologia e i corsi, in verità molto modestamente retribuiti, all’Università di Calcutta”.

La verità degli esiliati tibetani fa da sfondo a questa nuova indagine di Betty Bloch che inizia con le vicende di un bambino di nome Tsering che sua madre vuole allontanare da Lhasa occupata dai cinesi che si sostituiscono alle reincarnazioni buddiste per meglio controllare l’antica popolazione e così molti emigrano verso l’India, dove anche il Dalai Lama risiede:

«Poi ti affiderò a un uomo, sarà lui a farti entrare in India, attraverso percorsi che questi maledetti cinesi non conosceranno mai. Ha già fatto passare decine di ragazzini come te senza mai farsi prendere, perché il grande guru Padmasambhava lo
protegge!» Si mise a ridere e intonò un canto per l’indipendenza del Tibet, fortunatamente coperto dal rumore assordante del motore nelle curve. Il ragazzino gli lanciò uno sguardo ammirato e riprese il ritornello a squarciagola.

“Che il Buddha ti protegga” è l’ultima parola di sua madre.

Melissa Pignatelli

Bernard Grandjean, La scomparsa del manoscritto tibetano, Il mistero dei cinque stupa per Obarrao edizioni, 2023

 

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