Pubblicato il 15 Aprile 2025

Futuri sommersi al museo Mudec. Il viaggio in Antropologia

di Alessandra Belli

La suggestiva installazione Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo di Adrian Paci al Mudec di Milano, che occupa tutto lo spazio pubblico centrale del Mudec, l’Agorà, è un’opera d’arte contemporanea costituita da un mosaico di frammenti di fotografie di mare, pubblicate in articoli che trattano i casi di naufragi di migranti nel Mediterraneo. In occasione di AnthroDay 2025 abbiamo visitato la mostra con uno sguardo antropologico insieme alla collettività, per condividere ed approfondire le metodologie e le ricchezze della nostra disciplina che ogni anno il 20 Febbraio apre le porte a tutti i curiosi di antropologia.

Il viaggio, centrale nella nostra materia che si propone di conoscere le culture altre, è visto come un secolare rituale di rottura con l’ordinario, un modo non solo per incontrare l’alterità, ma anche per interrogarsi su sé stessi. L’ antropologia è un sapere di frontiera, le cui indagini presuppongono il movimento, lo spingersi oltre i propri confini geografici e l’incontro. Il sapere antropologico è nutrito dal viaggio. I temi della migrazione, della condizione umana sempre in transito e dell’identità sono molto cari a Paci, a partire dalla sua stessa esperienza di migrante da Scutari (Albania) a Bari negli anni ’90.

Il moto ondulatorio delle alte pareti e il senso di movimento dato dalla miriade di immagini di onde provocano nel visitatore un senso di piccolezza e di spaesamento, proprio come sicuramente si saranno sentite le persone che hanno trovato la loro fine nel Mediterraneo, ormai tragicamente noto come “cimitero liquido”. Come l’artista stesso afferma, questa installazione vuole fungere da “scialuppa di salvataggio che l’arte lancia nel mare dell’indifferenza” risvegliando le coscienze su una tragedia che si perpetua di giorno in giorno e che ha raggiunto dimensioni colossali. La portata straordinaria di questa opera sta nel renderci capaci di immaginare storie. Storie, appunto, di futuri anelati, ma troppo spesso negati.

La tematica del futuro, cardine in questa edizione di AnthroDay, è un sottotesto fondamentale dell’opera “Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo”. La voracità del Mediterraneo segna la fine di sogni di un futuro diverso, “alternativo” riprendendo il termine scelto per intitolare l’edizione di quest’ anno. Ma ancora, il mare come tramite, come luogo di passaggio: Adrian Paci si interroga sulla condizione di coloro che sopravvivono alla traversata e che, dal momento dell’arrivo, devono chiedersi come poter costruire un futuro nella nuova terra. Meta immaginata come ideale punto di slancio per una vita nuova e un futuro “emergente”, ma che, in realtà, blocca miriadi di persone in un’intollerabile condizione di stallo, di sospensione, di incertezza.

 “Se parliamo di esodo, di questa energia umana che si sposta da un luogo verso un altro, dobbiamo ragionare su cosa c’è che spinge…” spiega Paci in un’intervista per la trasmissione “Il Fattore Umano” di Rai3, “l’occidente è una macchina di illusioni, che produce desideri, una terra promessa, delle possibilità, delle opportunità” (2025).

L’ installazione è il preludio alla mostra Travelogue (20 marzo – 21 settembre 2025), sui temi del nomadismo, del viaggio metaforico e di quello mentale per arrivare alla “materialità” dei viaggi”, a cura di Katya Inozemtseva e Sara Rizzo, per valorizzare le collezioni del MUDEC, “una raccolta di manufatti “esotici” portati da diverse parti del mondo da cittadini, appassionati, uomini d’affari, viaggiatori, ricercatori. Si tratta di un insieme di oggetti legati al viaggio, souvenir che riflettono un certo tipo di relazioni tra il collezionista e l’artefatto”.

Il senso di spaesamento che trasmette l’opera di Paci, rimanda spontaneamente alla condizione di liminalità vissuta dai viaggiatori (teorizzata a partire dagli studi sui riti di passaggio di V. Turner) nel distacco da un luogo conosciuto, da una comunità familiare e modi di vita radicati verso l’ignoto. Turner descrive la fase liminale come pericolosa proprio perché si perdono i riferimenti; cosa può rappresentare meglio di un mare agitato in cui si viaggia su imbarcazioni precarie la condizione di pericolo dettata dalla liminalità?

L’antropologo si espone nei suoi viaggi a quello che Freud aveva definito unheimlich, comunemente tradotto come “perturbante”. Come scrive il Prof. Francesco Remotti, il lavoro dell’antropologo si basa sul “giro più lungo” teorizzato da Kluckhohn, ovvero “un divergere, un allontanarsi” durante il quale si attraversano varie società. Nel suo incontro con una società, l’antropologo applica le conoscenze maturate tramite il contatto con altre società.  In questo giro è previsto sempre un ritorno al «noi» con prospettive nuove. Nel caso dei migranti, invece, spesso c’è un abbandono definitivo della terra natia.

La riflessione sul ruolo del viaggio nella disciplina permette di ragionare, come suggerisce lo stesso Adrian Paci, sulla colpevolizzazione del movimento dei migranti, “che si esercita attraverso la polizia di frontiera, l’esercito, le politiche governative, ma anche attraverso la mentalità di una società” (2025), sulla precarietà della loro condizione di viaggiatori e sulla dignità attribuita alle loro vite e alle loro esperienze.

L’installazione di Paci riesce a veicolare un cruciale messaggio politico, grazie alla travolgente sensazione di spaesamento e impotenza evocata dalle onde. In altre parole, l’estetizzazione dei naufragi permette la consapevolizzazione dei visitatori, andando a stimolare la loro immedesimazione verso la tragedia di chi si trova costretto a viaggi in condizioni inumane.

La distesa di titoli di giornale, al contempo, pone l’accento sull’ innato privilegio che i cittadini occidentali hanno, e su cui spesso non riflettono, nel poter viaggiare per scelta, legalmente e in sicurezza, quando per una moltitudine di persone il viaggio è disseminato di eventi dove i più basici diritti umani non vengono rispettati.

Alessandra Belli

Immagine: Adrian Paci, Il vostro cielo fu mare, il vostro mare fu cielo, Installation view, 2024, Foto by Sara Rizzo, courtesy Mudec website 

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