Pubblicato il 8 Gennaio 2017

Quale modello per il futuro delle città?

di Insead Knowledge

Il romanzo Frankenstein scritto dall’autrice inglese Mary Wollstonecraft Shelley descrive la creazione di un povero disgraziato. La premessa è che una somma di organi potrebbe creare un essere umano. Shelley ha voluto scrivere la più bella storia d’orrore possibile e ci è riuscita.

Edifici “intelligenti”, sistemi di trasporto “intelligenti” e aeroporti “intelligenti” sono tutti progetti isolati (gestiti da servizi indipendenti) che sfruttano l’uso della tecnologia per creare nuovo valore urbano: queste città in fase di modernizzazione sono spesso chiamate “smart cities” (ovvero “città intelligenti”, ndt). Come Frankenstein, la somma di progetti urbani “intelligenti” isolati crea una cosiddetta “città intelligente”!

Una città non è una somma di cose. La vivacità di una città è frutto di un complesso sistema di sistemi (e non un insieme di insiemi) che si basa su valori economici, sociali ed ambientali interconnessi che hanno l’obiettivo di supportare la sostenibilità urbana.

Nella storia delle idee, Aristotele fu probabilmente il primo a sottolineare che il tutto è più della somma delle sue parti. Blaise Pascal ha scritto nella Pensée 72, “siccome tutto è causa ed effetto, dipendente e sostenitore, mediato ed immediato, e tutto è tenuto insieme da una naturale quanto impercettibile catena, che lega insieme le cose più lontane e più diverse, penso che sia altrettanto impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, e sapere tutto senza conoscere le parti in dettaglio. ”

La nostra gestione urbana tradizionale è fallimentare (traffico, inquinamento, spreco di energia) e la governance urbana fa fatica (organizzazioni ed operazioni urbane isolate, pressioni economiche) perché si basano su un modello non corretto di rappresentazione di una “città”. I leader urbani si pongono la domanda sbagliata: “Che cos’è una città?” quando invece non esiste una sola risposta univoca, e quindi progettano la loro città come un insieme di organizzazioni indipendenti. Per trovare il modello per il futuro delle nostre città, dobbiamo rispondere a domande diverse.

Un approccio migliore per la progettazione e la creazione di valore nelle città del futuro dovrebbe prendere in considerazione: 1) Cosa fa la città? 2) Com’è organizzata la città? 3) Qual’è il futuro della città?

1. Cosa fa la città?

Le città sono caratterizzate dalle attività che comprendono: la pianificazione di nuovi quartieri per affrontare la crescente urbanizzazione, la riorganizzazione della rete dei trasporti per ridurre il traffico, la distribuzione di acqua pubblica ed energia elettrica a tutti gli abitanti, la gestione ambientale e la garanzia del rispetto della legge. Questi esempi mostrano che gli obiettivi dell’azione collettiva di una città (o di una zona urbana) non possono essere gestiti da un singolo dipartimento o ente. Si tratta dunque di organizzare un lavoro di collaborazione tra unità come la sicurezza e la difesa, i trasporti, le utenze, l’amministrazione comunale, le organizzazioni statali ed i ministeri, che coinvolgano le associazioni, le onlus, i cittadini, le imprese, i turisti, ecc.

Come tale, la modellazione, la progettazione e la realizzazione dello sforzo collettivo di una città può essere percepito come un processo complesso. Nella definizione di Le Moigne “un fenomeno è detto di essere percepito come complesso quando ha la seguente proprietà: nessun modello unico, non importa quanto grande, quanto complicato, quanto stocastico,  sembra in grado di rappresentarlo esaustivamente”.  Edgar Morin, nel suo lavoro sulla complessità, spiega che riducendo la complessità di una situazione – come facciamo noi quando applichiamo un modello cartesiano per risolvere una sfida urbana – se ne mutila completamente la possibilità di comprensione; al punto tale che in futuro non sarà più possibile capire la situazione o risolvere una sfida.

2. Come è organizzata la città?

L’esperienza dimostra che se il contesto in cui si svolge l’azione non è adeguatamente considerato durante il processo di progettazione, la sua attuazione non riuscirà (come è successo a varie città satellite e molte città Greenfield lanciate dal 2007 in Asia e Medio Oriente). Ad esempio, quando si progetta una piattaforma di città (come alcune città stanno attualmente progettando) solo la selezione di una metodologia appropriata, adatta alla pianificazione di un sistema complesso, fornirà gli strumenti concettuali adeguati per un modello contestualizzato dall’ambiente della città. Per le città, l’approccio globale deve essere sostituito da un approccio sistemico. Il nuovo approccio di gestione dell’ambiente urbano evidenzia la direzione del cambiamento del governo della città del futuro: esso dovrebbe includere la co-operazione e la collaborazione progettuale tra vari dipartimenti ed enti dando vita così ad metodo sistemico di gestione urbana. Le città hanno bisogno di innovare la loro governance (cf. la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili raccomandato nel 2007 per uno sviluppo urbano integrato) o rimarranno in stagnazione (città che continuano l’approccio per unità isolate, detto approccio”silos”).

3. Qual’è il futuro della città?

Ogni città ha bisogno di fare la propria analisi e di pensare al proprio modello. Tutti gli assiomi definiti in quest’analisi costituiranno il nuovo paradigma della governance urbana sistemica della città. Qui si mostra che l’attuale organizzazione si basa su centri decisionali segmentati e che un’amministrazione più efficiente dovrebbe fare affidamento su una governance di collaborazione e sistemica per supportare la sostenibilità urbana. Poiché non è possibile gestire ciò che non si può misurare, la gestione delle città potrà essere migliorata grazie alle nuove tecnologie, utilizzando soluzioni ICT ed una strategia di trasformazione digitale urbana.

La Cina vuole trovare la sua tipica città cinese futura. Ogni città ha la sua cultura e il patrimonio, e prende forma da una combinazione di tendenze internazionali e le sfide locali. Quando definirà la sua strategia per creare valore urbano futuro, ogni città dovrà considerare accuratamente ciò che vuole diventare. Le città sono uniche e hanno bisogno di una visione unica sulla base delle strategie nazionali, come i piani del 2020 in Europa, India e Cina, o il piano 2030 in Arabia Saudita.

L’industria ha obiettivi di business e il modo in cui modella la città determina la sua capacità di progettare e sviluppare soluzioni e prodotti in grado di creare valore urbano. Ad esempio, l’industria ICT ha i suoi modelli di città (costruiti sulla base di insieme di insiemi, puzzle di Internet delle Cose,  strati di fog, cloud, e app), sulla base dei quali i produttori  hanno progettato diversi tipi di piattaforme di gestione delle città. Dobbiamo capire che se i produttori hanno utilizzato un approccio olistico o un approccio cartesiano, ovvero se hanno mutilato la rappresentazione della città: e se, come Frankenstein, “vedranno” il corpo umano come una somma di parti e non come una persona con parti interconnesse. Nei modelli “intelligenti”, la città è rappresentata come una somma di reparti e non intesa come un insieme. Le città “intelligenti”, le smart cities, come progettate al giorno d’oggi sorte di “città Frankenstein” dove sono dimenticate le reti di reti, i network di persone, dove i cittadini felici sono sostituiti da “sensori felici”.

Il modello di “città del futuro” non è ancora definito e non sarà certo del tipo  “Taglia Unica”.

Per diventare sostenibile e centrato sulle persone, il modello per il futuro delle nostre città deve essere analizzato da una prospettiva sistemica e non costruita da una somma di progettualità isolate.

Considerate queste tre domande, domandatevi anche voi in quale città vorreste vivere e perché.

Philippe Bouvier

Fotografia di Bernardo Ricci Armani, Skyline from the corniche, Doha, Qatar. PhotographingAroundMe.com 

Philippe Bouvier è il Managing Partner di valore urbanistico Creazione Consulting, con sede a Dubai, che mira a sostenere la trasformazione digitale in progetti immobiliari in brownfield e greenfield città. Philippe ha un dottorato di ricerca (Hons.), Université Paris Diderot 7 e un Executive MBA presso l’INSEAD. Il suo dottorato di ricerca è in studi urbani (urbanistica e la città di gestione) e il titolo della sua tesi è “Dalla gestione segmentata nelle città moderne alla governance sistemica nelle città sostenibili”.

Questo articolo è pubblicato per gentile concessione di INSEAD Knowledge. Traduzione italiana di Melissa Pignatelli. Copyright INSEAD 2016.

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