Pubblicato il 27 Maggio 2019
Catarella, un italiano in Libia
di Irene Calloud
Nei primi mesi del 1932 l’avvocato Giuseppe Catarella (Cammarata, AG 1878-1970) prende ufficialmente residenza a Tripoli. Ha già 54 anni e sua moglie Rosalia Viola 39. Ad accompagnarli c’è la figlia Ersilia, all’epoca diciottenne.
Fin dall’anno precedente, Catarella aveva effettuato qualche viaggio di ispezione in Tripolitania per vagliare la possibilità di un trasferimento con la famiglia, sfruttando la possibilità della concessione dei terreni da parte del governo. I motivi che lo spinsero a partire erano legati a questioni politiche e personali.
Laureato in giurisprudenza esercitò la professione di avvocato, specialmente civilista, a Cammarata. Socialista, fu attivo nella lotta politica a favore della classe contadina e fu sindaco del suo paese dal novembre 1920 fino al 1925.
Nel periodo in cui fu sindaco realizzò la lottizzazione di alcuni latifondi contrastando il potere della mafia. Ma con l’affermarsi del Fascismo, fu coinvolto in gravi vicende di ostilità politica, tra cui un attentato sventato, che lo portarono alla decisione di abbandonare la sua professione. Su suggerimento di un amico, prefetto di Agrigento, decise di emigrare in Libia. Qui avrebbe trovato la possibilità di realizzare una nuova vita, impostando un’attività agricola di tipo imprenditoriale.
L’Azienda Catarella sorse a Tarhuna, a circa 80 km a sud-est di Tripoli.
I confini della concessione furono segnati con una matita rossa sulla carta di Tarhuna in scala 1:100 000 (IGM). In blu e nero, i limiti dei lotti di altri cammaratesi partiti per la stessa avventura: i Tatano, i Barone e i Russotto. La carta è datata 1933, ed è interessante notare come a quell’epoca fossero ancora molto poche le strade rotabili, tra cui quella che portava a Tripoli, mentre tutte le altre erano piste carovaniere. In quell’anno le Case Catarella erano già rilevate come elemento topograficamente significativo, all’epoca unico toponimo italiano nei dintorni di Tarhuna insieme a Case Fontana e Case Morano. Non c’è ancora nulla della successiva lottizzazione della colonizzazione agraria di massa (l’arrivo dei Ventimila è del 1938), così come manca l’insediamento di Breviglieri, il villaggio più vicino a Tarhuna, immediatamente a sud-est della Concessione Catarella e costruito a partire dal 1939 dal progettista Umberto Di Segni.
La superficie della concessione si estendeva per circa 885 ettari, di cui 27 di “roccia, dunoso e carovaniere”. Vennero messi a dimora circa ventunomila alberi, soprattutto ulivi, viti e in minor misura mandorli oltre ad alcune centinaia di pistacchi. Gli ulivi e i mandorli furono piantati alla distanza regolare di 20 metri uno dall’altro, allineati perfettamente per chilometri secondo le direzioni nord-sud ed est-ovest. Una trama regolare tutt’oggi visibilissima dalle foto satellitari, nonostante l’urbanizzazione successiva agli anni Sessanta e le costruzioni addossatesi successivamente.
Inizialmente vennero costruiti una prima casa e i fabbricati rurali. Poco più tardi sorse l’abitazione padronale insieme ad altre case coloniche. Lo schema della casa del concessionario era piuttosto tipico e si ripeteva nelle nuove costruzioni in Libia: un grande salone interno, sul quale si affacciavano tre stanze per parte. Il tutto su un unico piano rialzato. In questi ambienti, durante la Seconda guerra mondiale, Catarella dette sostegno alle forza armate italiane in ritirata.
Nel 1966, nel nuovo clima politico (circa tre anni prima della ascesa di Gheddafi), Catarella vendette l’azienda, dopo aver creato e affidato ad una cooperativa di libici un oleificio nella zona di El Khadra, la vecchia Breviglieri italiana.
Oggi, resta il toponimo Catarella tradotto in arabo Mazra’t (azienda) Kataraylla.
Irene Calloud
In fotografia: Tarhuna, veduta panoramica dell’Azienda Catarella con casa padronale e famiglia, 1933 circa © Archivio Caputo
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi