La nostra relazione col mondo, basata su dicotomie scientifico-positiviste ottocentesche, ha separato l’uomo dall’ambiente mettendo l’idea di natura “fuori” dall’agire umano: distante e inaccessibile, immaginata e consumata, romantica e improduttiva, la natura è diventata parte di un immaginario bucolico sconnesso dal quotidiano, questa l’originale osservazione di Mauro Van Aken, antropologo, in Campati per Aria (Eleuthèra, 2020).

Nel saggio, consigliato come lettura interessante anche per i non addetti ai lavori, Van Aken riflette sui meccanismi che ci hanno portati a vivere come se la natura non esistesse – o quanto fosse meno necessaria alla vita quotidiana – rispetto a quello che abbiamo categorizzato come cultura.

Secondo Van Aken il mondo costruito dalla relazione uomo-ambiente si è realizzata proprio da un rapporto ha reso invisibili elementi naturali necessari al nostro quotidiano e che abbiamo in qualche modo allontanato dalla nostra vista, come ad esempio l’acqua – che entra pulita ed esce sporca ad ogni ora, ogni giorno dalle nostre case.

Perché come si legge nel libro, “la nostra cosmologia naturalista è profondamente connessa all’idea di mondo come oggetto ” fuori” di noi, distante” e finiamo per consumarlo, proprio come usiamo e gettiamo quotidianamente oggetti che finiscono per ingolfarlo con isole di rifiuti lontane dalle nostre consapevolezze.

Questa dicotomia radicale nella quale viviamo “a nostra insaputa”, come suggerisce il titolo del saggio,  ci impedisce di prendere coscienza dell’ambiente nel q