Pubblicato il 26 Novembre 2023

L’Italia delle donne che non si fanno da sole

di Gloria Ballestrasse

Cielo che minaccia pioggia, ma poi smentisce la sua promessa. Francesca digita il suo curriculum vitae in una mattina di novembre. Nella sua breve biografia si definisce una persona, poi aggiunge aggettivi. “Sono una persona curiosa, estroversa, amante dei lavori di gruppo.” Giovane donna di venticinque anni una volta sola, poi persona. È convinta di essere donna perché la persona nasce sessuata. Insieme a un respiro non suo, attraversa la vita con un respiro che le viene donato istante dopo istante, in un corpo che non si è creata da sé. Sfida le statistiche, non si dice che “Le donne non solo guadagnano meno all’ora, ma svolgono anche più lavoro non retribuito e meno ore retribuite e hanno maggiori probabilità di essere disoccupate rispetto agli uomini. Tutti questi fattori combinati portano la differenza di reddito complessivo tra uomini e donne a quasi il 37% nell’UE (nel 2018).” Lascia che a dichiararlo sia L’European Parliament. Dalla sua, lei preferisce andare controcorrente.

Laura ha otto anni. Frequenta la primaria e la sua vita si intreccia con quella di Marta, sua maestra prevalente. Laura non lo sa ancora, quando al mattino indossa il grembiule bianco, ma Marta sì. Oggi i bambini della sua classe scriveranno il loro primo tema. Il titolo, Chi sono io? Laura impugna la penna cancellabile con presa ancora insicura. Mentre scrive di sé, si accorge di declinare sostantivi e aggettivi al femminile. Marco, suo compagno di banco, parla della sua vita al maschile. A separarli, soltanto il dizionario che condividono. In geografia impareranno che “all’1 gennaio 2022 in Italia risiedono 58.983.122 persone, il 48,7% sono uomini, il 51,3% sono donne […]”, ma non oggi.

Benedetta parla dell’amore che vive nell’esperienza di vita comunitaria che conduce, negli anfratti di una Milano antica-nuova. Descrive la casa, con passione, e poi la vita al di fuori, tra il tirocinio in consultorio e il suo ragazzo. Con le sue parole traccia il ritratto di un uomo che non interscambia mai le parole responsabilità e controllo. Per responsabilità, è stato educato ad intendere l’avere di mira il bene dell’altro. È convinto sia collegato con il bene suo, per sé. Benedetta è d’accordo. Quando si guarda allo specchio, sorride alla donna che ogni giorno decide di essere. Anche Vittoria e Gabriele hanno deciso di vivere il loro rapporto in castità. C’è un’intimità che va oltre la nudità di corpi fragili. È quella di una comunione di intenti, di uno sguardo fedele rivolto verso l’alto.

Fabio ha cinquant’anni ed è figlio di Maria Pia e Flavio. Insieme al fratello, apprezza e critica madre e padre allo stesso modo. Quando li descrive, parla di loro con perifrasi e aggettivi personali. Vorace di lettura lei, appassionato di storia lui, severa lei, sulle nuvole lui. Permalosa lei, esigente lui. L’identità a cui si rifà Fabio è quella personale, non quella di genere. Fa esperienza della seconda come di un dato di normalità. Rispetta il ruolo di madre e di padre, nell’automatismo di madre=donna, padre=uomo.

Martina è sorella maggiore di Daniele. Daniele ha sempre guardato a Martina come si segue una guida, un esempio. I loro genitori li hanno sempre trattati ugualmente – pari dose di amore ed errori, desideri fecondati e sogni violati. A guidarli, gli stessi valori, adattati via via ad anni ed eventi diversi, sempre nuovi. Cadute e vittorie – anche loro sono genitori normali. Daniele ha sempre assunto la loro diversità come un dato di fatto, da accettare. Sensibilità diverse, in cui specchiarsi o da cui distanziarsi, sempre nel rispetto dell’altro.

Chiara ieri è scesa in piazza, perché c’è ancora molto da fare. Ieri, e se ce ne sarà bisogno anche domani. Lei comunica con versi di una poesia femminista, perché pensa che sia il momento di fare rumore. Ha portato e riporterà il nome di Giulia Cecchettin sulle labbra, perché nella storia ordinaria di una studentessa universitaria si ritrova molto. Cartelloni come lacrime di rabbia. Per quanto vi crediate assolti, siete sempre coinvolti. A ergerlo in alto, sopra la testa, Gaia e Benedetta, in una Milano affollata. Ma anche Luca e Giulio. Anche loro sono d’accordo. L’educazione al rispetto della differenza dell’Altro da Sé è la chiave della convivenza – che non può essere ridotta a mera sopravvivenza.

Gloria studia psicologia e tende a razionalizzare – è un meccanismo di difesa come un altro. Negli anni ‘50 il numero delle donne uccise o ferite da uomini violenti e gelosi alto lo era ancora di più, e forse parte del problema è che la violenza di genere risuonava di meno. Demonizzati media e tecnologia possono essere usati con saggezza.

Anche Clara, che ha quasi sempre il cellulare tra le mani, adesso sa che può digitare 1522. Sentirsi a rischio in quanto donna non fa per lei, per questo manifesta. Ma poter piegare quattro volte le dita facendo il numero quattro la fa sentire un po’ meno vittima. È una donna d’azione in un Paese che le consente la libertà di parola, e il diritto di scendere in piazza e manifestare. È convinta di poter fare la differenza, perché non è da sola. La rete sociale è la sua arma di difesa. Attaccare la renderebbe carnefice, violenta come coloro che disprezza.

Gloria Ballestrasse

Fotografia su Artribune di una performance/istallazione vivente di Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022

Condividi l'articolo sui tuoi Social!

SOSTIENI




Ultimi articoli