Pubblicato il 6 Dicembre 2024

Gli sciamani non ci salveranno, ci salveranno le persone

di Melissa Pignatelli

Stefano De Matteis ci conduce per mano in un percorso d’incontro con lo sciamanesimo, i riti, le pratiche e le persone che lo compongono. Con un linguaggio accessibile in Gli sciamani non ci salveranno (Elèuthera, 2023) De Matteis narra un mondo alla ricerca di qualcosa che va oltre la materialità del mondo contemporaneo e che rimette lo spirito – o chi per lui – al centro dell’esperienza.

La ricerca dell’indipendenza, la possibilità d’interpretare il vissuto con categorie diverse da quelle dei social, i protagonisti di questo bel racconto etnografico cercano situazioni dove venga valorizzato uno sguardo interno, che possa dare loro un momento d’indipendenza dagli osservatori giudicanti nei quali la loro vita quotidiana sembra fissarli.

Come ci ricorda De Matteis, “l’antropologia documenta molti casi di popoli che sembrano inventare le regole a mano a mano che procedono e che nel fatto sociale riconoscono una funzione dei loro autentici interessi. E questo perché ci troviamo in presenza di strutture performative che continuano a costruire nuovi rapporti sulla base pratica”.

Il resoconto di un’osservazione precisa, partecipante fluisce così come una storia, limpida e semplice che scorre veloce soffermandosi a guardare, osservare e comprendere il punto di vista di chi sembra desiderare una vita non solo costruita da categorie ricevute e predeterminate. Al di là delle esperienze di assunzioni di allucinogeni amazzonici, rimane l’interazione umana delle persone riunite per ‘la pratica’, una pratica che si costruisce come modalità specifica solo nel momento in cui accade e così:

“Questa prospettiva mette in crisi il ricorso ai classici “modelli statici”, che si accontentano di sommare gli effetti di numerose scelte individuali in modo da attribuire a quei risultati empirici un valore culturale autentico.

Le strutture performative sono a loro volta processuali e permettono di penetrare l’azione dalla prospettiva della polifonia, dell’intersoggettività, delle mire, delle strategie, delle scelte… allo stesso modo di come le persone determinano i propri rapporti sulla base del proprio interagire.

Per fare questo bisogna entrare nel vivo della costruzione della vita delle donne e degli uomini quando questi sono immersi nel flusso delle relazioni e degli scambi.

La processualità tiene conto della concatenazione di eventi, fatti e accadimenti intrecciati tra loro che annodano fili diversi; riguarda l’interazione, la plasmazione di significati, il gioco strategico tra i singoli, le funzioni simboliche e le stratificazioni anche storiche che si sovrappongono.

La cultura non è staccata e indipendente da coloro che la vivono: questi materialmente, la fanno. La agiscono. E’ nei loro corpi, incisa sulla loro pelle e impressa nella loro mente.

L’essere umano è dunque rimesso al centro del suo agire: non più basata su una programmazione matematica e/o su una statica produzione di senso avulsa dal contesto, la sua comprensione viene ricentrata sulla forza imprevedibile dell’azione che costruisce insieme ad altri esseri umani, nel momento stesso che condividono: vediamo quindi riapparire l’importanza dell’agire, del dialogo, dello scambio relazionale e dell’esperienza vissuta nella vita delle persone.

Con una grazie semplice, nell’epoca delle intelligenze artificiali e dei rapporti umani meccanizzati, De Matteis rimette l’agire umano al centro dell’azione sociale riportando l’attenzione sul quotidiano, sulle prassi, sulle ripetizioni e sulle indispensabili interazioni umane. Alla faccia di Siri e dell’AI – parola di antropologo.

Melissa Pignatelli

Stefano De Matteis, Gli sciamani non ci salveranno, Elèuthera, 2023 – citazione pp.20-21

Nella foto Richard Evans Schultes con lo sciamano Salvador Chindoy che lo introduce all’ayahuasca, nell’articolo di Mark Plotkin sull’ Harvard Magazine Estate 2022

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