Pubblicato il 19 Settembre 2018

“Lavoro al telefono”: come fare ricerca sotto copertura in un Call Center

di Melissa Pignatelli

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Jamie Woodcock è stato sei mesi nascosto in un call center britannico a fare ricerca: voleva capire i nuovi processi lavorativi di un “mestiere” che percepiamo in molti come fastidioso. Gli strumenti pratici dell’etnografia, come la presenza sul posto, il dialogo, la raccolta dati, l’analisi, la riflessione, la scrittura, gli hanno permesso di cogliere il punto di vista del lavoratore e di vedere come una maggiore ricerca potrebbe essere utile alla collettività.

La sua posizione non era nota ai suoi compagni di lavoro e ha scoperto così una realtà nella quale le persone sono molto sotto pressione, iper-stressate e soggette ad un ricambio delle risorse umane che arriva fino al 50% al mese. La sua conclusione evidenzia come, includendo i suggerimenti dei lavoratori stessi, l’estrema digitalizzazione di quest’attività può essere usata in maniera non unicamente coercitiva o di sorveglianza della performance lavorativa.

La ricerca, pubblicata in riviste specializzate sia nel blog della London School of Economics con il titolo “Working the Phones” è diventata un volume universitario destinato, secondo i critici, ad avere molto impatto sullo studio dell’organizzazione dei processi di lavoro. Leggiamo dal blog:

“Lo scopo di Working the Phones era di fornire una finestra sulle esperienze e le condizioni di lavoro in un call center, per confermare che è davvero stressante, difficile e precario. Ma il libro mirava anche ad andare oltre a questo, per esplorare come i lavoratori, sia individualmente che collettivamente, si stanno opponendo al modo in cui il loro lavoro è attualmente organizzato: questo è espresso chiaramente dalle loro resistenze e dall’alto tasso di rotazione.

In questo contesto, dal punto di vista dei lavoratori del call center, la tecnologia potrebbe non solo essere utilizzata per la sorveglianza ed il controllo dittatoriale dei datori di lavoro, ma potrebbe consentire maggiore autonomia e libertà di lavoro.  Per capire meglio tutto ciò però, abbiamo una pressante necessità di studi etnografici sul lavoro, soprattutto se vogliamo capire meglio gli effetti della digitalizzazione ed il tipo di lavoro che vogliamo per il nostro futuro.

È diventato sempre più frequente sentir dire quanto la meccanizzazione spazzerà via intere aree di lavoro, trasformandolo radicalmente. Tuttavia, nel call center nel quale ho lavorato, ho visto dipendenti fare cose che sono molto difficili da automatizzare. Riuscire a fare una vendita al telefono, è qualcosa di molto più complesso di leggere un copione. I lavoratori che hanno successo nell’impresa sono infatti capaci di mobilitare un insieme complesso di emozioni, attraverso ad esempio la comprensione sfumata e l’umorismo, che costruiscono un rapporto con il cliente attraverso la semplice voce”.

La presenza delle persone, sul campo, quale che sia, permette dunque di ritrovare punti di vista utili alla crescita comune. In questo, ed in altri esempi, è bene che i ricercatori siano percepiti come risorse imprescindibili alla comprensione del nostro tempo.

Melissa Pignatelli

Jaime Woodcok, Working the Phones, Control and Resistance in Call Centres, Pluto Press, Londra, 2016.

Jamie Woodcok, Working the Phones, blog London School of Economics (LSE), 10 aprile 2017.

Working the Phones, Control and Resistance in Call Centres, Pluto Press, in “Etnografia e Ricerca qualitativa“, n°1, 2018, pp. 311-313, Il Mulino, Bologna, recensione di Gianmarco Navarini.

In fotografia: Telephone on side table di Annie Pratt.

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