Pubblicato il 21 Maggio 2018

Tocqueville sul governo eletto da un popolo di postulanti

di Melissa Pignatelli

Nel 1840, Alexis de Tocqueville ne La Democrazia in America osservava quanto in Europa, a differenza degli Stati Uniti, i cittadini contassero sullo Stato per garantirsi quella sicurezza che gli americani erano più propensi a costruirsi accettando una certa parte di rischio. Ma cosa diventa un governo che in qualche modo favorisce l’improduttività? Cosa può fare il Capo dello Stato se i postulanti al posto fisso sono troppi? Leggiamo qui l’analisi della ricerca del posto pubblico sia del punto di vista del politico, sia dal punto di vista della speranza di chi lo vota.

Ecco dunque che rileggere questo passaggio del filosofo francese può essere interessante:

“Negli Stati Uniti, appena un cittadino ha qualche capacità e qualche risorsa, cerca di arricchirsi nel commercio e nell’industria, oppure compera un terreno ricoperto di foreste e diventa pioniere. Non domanda altro allo Stato che di non disturbarlo nei suoi lavori e di assicurargliene il frutto. Nella maggior parte delle nazioni europee, quando un uomo comincia a rendersi conto delle proprie forze e ad allargare il campo delle proprie aspirazioni, pensa subito di ottenere un impiego pubblico.

Questi due diversi effetti, prodotti entrambi da una medesima causa, meritano che ci si soffermi un momento a considerarli. Quando le cariche pubbliche sono scarse, mal retribuite e instabili, mentre le carriere industriali sono numerose e produttive, i nuovi e impazienti desideri che l’uguaglianza fa nascere si volgono da ogni dove verso l’industria e non verso l’amministrazione.

Ma se mentre le condizioni sociali si livellano, le capacità rimangono incomplete o gli animi timidi, oppure il commercio e l’industria ostacolati nel loro sviluppo, non offrono che mezzi difficili o lenti di fare fortuna, i cittadini, operando di poter migliorare da soli la loro sorte, accorrono in massa verso il capo dello Stato e domandano il suo aiuto. Cercare una posizione migliore a spese del tesoro, sembra loro essere, se non la sola strada possibile, almeno quella più facile e più aperta a tutti per uscire da una condizione che non li accontenta più: la ricerca dei posti diviene l’industria che ha maggior seguito.

Questo avverrà soprattutto, nelle grandi monarchie accentratrici, in cui il numero delle cariche retribuite è enorme e l’esistenza dei funzionari è abbastanza insicura, tanto che nessuno dispera di ottenere un impiego e di goderne tranquillamente come un patrimonio.

Non voglio dire che questo desiderio generale smodato delle cariche pubbliche sia un grave male sociale; o che distrugga nei cittadini lo spirito di indipendenza e diffonda in tutta la nazione un animo venale e servile; o ancora che soffochi le virtù virili; non farò nemmeno osservare che un’industria di questa specie crea solo un’attività improduttiva e tiene il paese in agitazione senza renderlo fecondo: tutto ciò è facilmente comprensibile.

Voglio però far notare che un governo, che favorisce una tendenza del genere, mette a repentaglio la sua tranquillità e in pericolo la sua stessa esistenza.

So che in un tempo come il nostro in cui si vanno gradatamente spegnendo l’amore e il rispetto che una volta erano tributati al potere, può sembrare utile ai governanti tenere strettamente gli uomini legati con i vincoli dell’interesse personale, e che essi ritengono comodo servirsi delle loro stesse passioni per mantenerli nell’ordine e nel silenzio; questo però non può durare a lungo e ciò che magari sembra una ragione di forza durante un certo periodo, diventa sicuramente, a lungo andare, motivo di grande turbamento e di debolezza.

Quando dunque l’ambizione non ha altro sfocio che l’amministrazione, il governo finisce per forza con l’incontrare un’opposizione stabile; infatti il suo compito è soddisfare con mezzi limitati aspirazioni che si moltiplicano senza limiti. Bisogna convincersi bene che, di tutti i popoli del mondo, il più difficile da contenere e da guidare è un popolo di postulanti. Per quanti sforzi facciano i suoi capi, non potranno mai soddisfarlo, e c’è sempre da temere che alla fine rovesci la costituzione del paese e cambi la faccia dello Stato, per il solo bisogno di rendere disponibili dei posti.

I regnanti del nostro tempo, che si sforzano di incanalare verso di loro tutte le nuove aspirazioni suscitate dall’uguaglianza e di accontentarle, finiranno dunque, se non m’inganno, con il pentirsi di essersi impegnati in una simile impresa; scopriranno un giorno che hanno messo a repentaglio il loro potere rendendolo necessario, e che sarebbe stato più onesto e più sicuro insegnare a ciascuno dei sudditi l’arte di bastare a se stesso.»

Melissa Pignatelli

Tratto da Alexis de Tocqueville La Democrazia in America, Libro Secondo, Capitolo Ventesimo “L’industria degli impieghi pubblici presso certi popoli democratici”, edizione originale 1840 edizione italiana a cura di Nicola Matteucci, UTET, 2014).

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