Pubblicato il 6 Novembre 2019
Generazione Isis: la radicalizzazione come conseguenza
di Barbara Palla
La seconda generazione di francesi, figli di immigrati che sono rimasti esclusi sia dall’assimilazione sia dai riferimenti culturali d’origine è, secondo il prof. Olivier Roy dell’European University Institute di Firenze, la chiave per capire il perché di certa radicalizzazione di matrice islamica. Nel suo penultimo libro Generazione ISIS, chi sono i giovani che scelgono il Califfato e perché combattono l’Occidente (Feltrinelli, 2017) Roy ha fatto emergere come ci sia stata un’islamizzazione della radicalità come conseguenza di condizioni di vita di marginalità in Occidente; e non c’è quindi una radicalizzazione propria dell’Islam, come altri sostengono.
Roy si interroga sul percorso che porta i giovani europei verso una violenza no future, guardando al loro rapporto con la famiglia, al contesto culturale in cui sono immersi e all’Islam che viene fornito dai predicatori dell’ISIS. Dopo una vita “profana”, trascorsa tra discoteche, consumo di alcolici e piccola criminalità – passata dunque in ambienti non religiosi e nemmeno salafiti – questi giovani riscoprono la religione in modo individuale o all’interno di un gruppo ristretto, spesso a causa (paradossalmente) della permanenza in prigione.
Iniziano con il rifiuto dell’Islam dei genitori in favore di uno nuovo, una sorta di ri-conversione dopo la quale sono soliti considerarsi dei born again. I giovani radicalizzati predicano poi la nuova religione all’interno della propria famiglia e tra gli amici più stretti. Nella sola cellula Bruxelles-Bataclan, ad esempio, si possono individuare tra i radicalizzati cinque coppie di fratelli e sorelle. Alcuni tra gli appartenenti a questi gruppi abbandonano fisicamente la comunità di origine in favore di quella creata, e offerta, dal Califfato; più spesso, invece, i membri tendono a portare avanti missioni violente contro le realtà culturali nelle quali sono cresciuti.
Le motivazioni del passaggio all’azione violenta si slegano completamente dai contesti che l’avevano caratterizzata in precedenza. Non vi è più un richiamo alle sofferenze subite dai paesi d’origine dei genitori (che peraltro, in molti casi, i nuovi radicalizzati europei neanche conoscono), ma nemmeno ai conflitti più globali che affliggono il Medio Oriente, come per esempio quello israelo-palestinese. Le nuove motivazioni si inseriscono in una cornice religiosa particolare, in un’interpretazione della fede all’interno della quale i giovani trovano le giustificazioni che vogliono loro, senza porre attenzione al senso più generale dei testi e delle letture. L’azione violenta mira a difendere un Islam globale, una umma generale e poco specificata, forse una comunità virtuale. Caratteristica costante di queste azione è la conclusione con la morte del perpetratore o comunque di una spettacolarizzazione di azioni estreme, che esaltano il martirio.
La volontà dell’autore di dare al saggio un approccio trasversale permette di non limitarsi all’analisi religiosa del movimento dell’ISIS e dei suoi giovani adepti europei ma di guardarlo alla luce degli altri movimenti politici estremizzanti che hanno fatto ricorso ad una violenza diffusa. E che hanno avuto successo con persone che si sentono escluse dal cosiddetto “benessere” delle società occidentali.
Barbara Palla
Olivier Roy, Generazione Isis. Chi sono i giovani che scelgono il Califfato e perché combattono l’Occidente (Feltrinelli, 2017)
Fotografia di Bernardo Ricci Armani, PhotographingAround.me.
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi