Pubblicato il 23 Gennaio 2019
Come orientarsi nella storia della Repubblica Democratica del Congo
di Barbara Palla
La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire e colonia belga, la cui capitale è Kinshasa (Stato distinto dalla confinante Repubblica del Congo la cui capitale è Brazzaville, ex colonia francese) è uno dei più importati paesi d’Africa sia per estensione geografica che per ricchezza di risorse naturali, ma è anche uno dei paesi dalla storia più travagliata. Il susseguirsi di Presidenti e di governi è stato spesso molto complicato e, nonostante il nome, tutt’altro che “democratico”. Questa pesante eredità influisce sui tentativi di transizione verso un sistema politico più inclusivo rendendoli maggiormente difficili. Ancora oggi, il paese fatica ad ottenere un’alternanza pacifica di governi, proprio come testimoniano le elezioni presidenziali del 30 Dicembre 2018 avvenute dopo due anni di stallo istituzionale. Per capire meglio le complessità del presente congolese è necessario guardare al passato, proprio come ha fatto il ricercatore e giornalista belga David Van Reybrouck quando ha scritto il suo interessantissimo racconto storico ed etnografico Congo (Feltrinelli, 2010).
Congo ripercorre la storia del paese dai primi periodi coloniali fino all’inizio degli anni 2010, ma si percepisce fin dalle prime pagine come sia in realtà difficile parlare di un unico Congo. Nell’ultimo secolo il paese ha infatti affrontato numerosi cambi di governo repentini, spesso violenti, che corrispondono ogni volta al tentativo di imprimere una nuova identità al paese. Le complessità di tutte le fasi storiche sono restituite da Van Reybrouck con una profusione di dettagli rintracciati non solo nelle fonti storiche e accademiche ma soprattutto nelle fonti orali. Infatti, l’aspetto più interessante del volume risiede proprio nel racconto in prima persona degli eventi reso possibile dalle numerose testimonianze e interviste ai personaggi politici e ai cittadini realizzate dall’autore nei suoi anni di ricerca in loco.
Leggendo il libro si scopre quindi che il paese dal 1900 ad oggi il paese ha cambiato nome, bandiera e inno almeno quattro volte. La prima transizione fu quella in epoca coloniale quando lo Stato Libero del Congo, possedimento privato del Re Leopoldo II di Belgio, divenne la colonia del Congo Belga, amministrata dal governo e non più dal re. Nel 1960, il Congo Belga divenne indipendente come semplicemente Congo, ma questo nome non rimase a lungo: in seguito ad un turbolento periodo di conflittualità interna dovuta al tentativo di secessione della regione meridionale del Katanga e al colpo di Stato da parte di Mobutu Sese Seko, nel 1971 divenne Zaire. Questo periodo non fu meno turbolento del precedente, ma la stabilità politica del paese fu assicurata dal Presidente Mobutu e dal modo autoritario e duro con cui amministrava il potere e le risorse statali. Dall’inizio degli anni ’90 in poi, però non riuscì più a controllare i movimenti interni di opposizione e così, in occasione di una ribellione nelle regioni orientali del Kivu (da sempre nelle mire espansionistiche del vicino Rwanda), l’opposizione “democratica” guidata da Laurent-Désiré Kabila rovesciò il regime e prese il potere.
“Il 17 maggio 1997, durante una conferenza stampa, Kabila si autoproclamò nuovo capo dello Stato di un nuovo paese, la Repubblica Democratica del Congo. La parola “democratica” era alquanto curiosa poiché nessuno lo aveva designato e l’opposizione pacifica di Etienne Tshisekedi fu completamente ignorata.
Laurent-Désiré Kabila sembrò, in effetti, mettere in opera diversi cambiamenti. Ma l’apparenza ingannava, perché l’entusiasmo per lui si dissipò ben presto. La popolazione che l’aveva acclamato con tanta euforia si stancò di lui. Farsi degli amici è un’arte, ma Kabila possedeva il dono ancor più raro di trasformare in un men che non si dica gli amici in nemici e questo valeva per tutti. ”
Fu solo alla fine della presidenza di Laurent-Désiré Kabila, anch’essa mantenuta con piglio autoritario e contrario alle forme di opposizione, che si procedette ad una prima transizione democratica. Nel 2006, dopo lunghe trattative, vennero organizzate le prime elezioni più o meno libere in tutto il paese. Esse designarono Jospeh Kabila, il figlio di Laurent-Désiré, come Presidente e da quel momento fu inaugurata la Terza Repubblica, senza però cambiare nome al paese. Oggi, dodici anni dopo, la Terza Repubblica e la stabilità dello Stato è di nuovo sotto pressione a causa della reticenza di Kabila ad abbandonare il potere e delle grandi difficoltà incontrate negli ultimi due anni per l’organizzazione delle elezioni.
Il meticoloso e ingente lavoro storico-antropologico permette dunque al lettore di essere in qualche modo calato nella quotidianità di tutti queste diverse epoche storiche. È infatti così che si scopre che nelle ore più buie del regime Mobutu alcuni congolesi iniziarono a rimpiangere il dominio coloniale; ma si capisce anche quanto la corruzione del sistema politico ed economico abbia influito sulla redistribuzione della ricchezza proveniente dalle abbondanti materie prime, tra cui oro, diamanti, uranio e soprattutto coltan (risorsa fondamentale per l’industria tecnologica degli smartphone, tablet e computer) e quale sia stato l’impatto del recente e massiccio influsso di capitali cinesi sulle industrie del paese e sulla quotidianità delle persone.
La prospettiva umana di Congo permette infatti di percepire e di comprendere le sensazioni, le aspirazioni, le speranze ma anche le delusioni di un paese vasto e molto sfaccettato e di orientarsi così nella comprensione di un paese enorme e in continuo cambiamento.
Barbara Palla
Per approfondire il contesto politico attuale:
Charles de Pechpeyrou, Nel dopo elezioni appuntamento con la storia, Osservatore Romano.
Davide Van Reybrouck, Congo, Feltrinelli, 2010, pp. 688.
In fotografia: una veduta del centro di Kinshasa, la capita della Repubblica Democratica del Congo, in lontananza si può vedere il fiume Congo, immenso corso d’acqua che determina il confine del paese con il Congo-Brazzaville. Kinshasa e Brazzaville occupano le due rive opposte del fiume e sono collegate da un ponte che si scorge guardando bene l’immagine. Martin Hughes, 2016.
Rivista di Antropologia Culturale, Etnografia e Sociologia dal 2011 – Appunti critici & costruttivi